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Il criterio del “morfologico” secondo Labriola Nicola Siciliani de Cumis
La parola, che a mio avviso, esprime tutto in breve […] quel processo genetico, il quale consiste nell'andare dalle condizioni ai condizionati, dagli elementi della formazione alla cosa formata. En attendant che in una futura umanità di uomini quasi trasumanati, l'eroismo di Baruch Spinoza divenga la virtù minuscola di tutti i giorni […] a vincere l'imaginatio e l'ignorantia. Antonio Labriola
La “previsione storica” e la “diade Socrate-Marx”
E' lo stesso Antonio Labriola che, nel 1895, in In memoria del Manifesto dei Comunisti , discorrendo della originalità della «dottrina» del materialismo storico e, in particolare, della novità teorico-pratica della nozione marx-engelsiana di «previsione storica», viene a dire per esplicito del morfologico , come della «parola, che a mio avviso esprime tutto in breve» [1] . E, cioè, della parola (altrove dirà del “criterio”) che, a parte subiecti , nell'economia complessiva della formazione labrioliana, tra consuntivi teoretici e preventivi etico-politico-pedagogici, sembra svolgere una funzione, che è insieme di chiarimento critico del passato e di trasformazione dell'esperienza in atto. Per così dire, una prassi… Dallo specifico punto di vista di Labriola, infatti - è questa l'ipotesi che qui vorrei sostenere -, il morfologico sembra esprimere “intuitivamente” e sintetizzare “qualitativamente” nei suoi “momenti” e “moventi” (come egli precisa), la peculiarità e unità dell'assunto teorico-pratico dei Saggi sul materialismo storico ; ed offrire d'altra parte una chiave per comprendere meglio, complessivamente, un po' tutto il Labriola filosofo, politico, storico, pedagogista, pubblicista, insegnante. Il Labriola parte viva ed attiva, esso stesso geneticamente , del «processo genetico» che vuol intendere obiettivamente e modificare morfologicamente . Il Labriola «resultato storico», sia soggetto sia oggetto di storia, che è insomma da comprendere metodologicamente nella sua particolare fisionomia biografica ed autobiografica, filosofica, pedagogica, etico-politica, economica, didattica, ecc., procedendo «dalle condizioni ai condizionati, dagli elementi della formazione alla cosa formata» [2] . Il Labriola che racconta come storico e che si racconta come individuo; e che, così procedendo, rifà la storia della storia , il processo formativo , il “cosmo” di quella intera unità che filosoficamente e pedagogicamente lo riguarda come morfologia di una totalità culturale in formazione. Il Labriola, d'altra parte, che mentre contrasta teoreticamente l'idea di qualsiasi “finalità ultima esterna”, proveniente da “metafisica o teologica escogitazione”, che spieghi “in anticipo” il senso della realtà storica umana, si muove tuttavia praticamente dall'interno di un “dover essere”, di un valore politico “altro” da affermare con determinazione etica, convinto della plausibilità delle forme dell'“educabilità umana” e delle possibilità che ha l'uomo di “farsi altrimenti” nella prospettiva di un cambiamento rivoluzionario , al limite dell' utopia. Categoria mentale e storico-politica, quest'ultima, che Labriola, sulla linea di Marx ed Engels ma con accenti suoi propri di matrice liberale e radical-democratica, da un lato critica, da un altro lato fa sua. Di qui tra l'altro, sussultoriamete ma continuativamente, il Labriola dei “salti” e degli “svolgimenti” teoretici apparentemente “incoerenti”; il Labriola delle indiscutibili “continuità” e delle “rotture” etico-politiche evidenti. Il Labriola che viene affermandosi autocriticamente dall'interno della “tendenza (formale e critica) al monismo”, tra filosofia e non-filosofia , tra libertà e necessità, tra determinismo e incondizionatezza storica, tra oggettività della “prassi che rovescia” e soggettività della “prassi che si rovescia”, tra intenti rivoluzionari e fatalismi obiettivi... Il nostro Labriola, ereditato da cento anni e passa di interpretazioni e discussioni e tutt'altro che definito nei suoi “momenti” e “moventi”, nelle sue pieghe teoretiche e nei suoi risvolti pratici. Il Labriola, dunque, che filosoficamente parlando nasce e muore hegeliano, pur aprendosi variamente nel corso della vita, ma sempre dall'interno del “principio dello Hegellismo”, allo herbartismo, al “positivo” dei positivisti, all'empirismo di linguisti, psicologi, economisti, sociologi, statistici, naturalisti, e quindi all'esperienza pedagogica nella sua organicità, complessità e scientificità. Il Labriola delle “preformazioni” e delle “neoformazioni” storiche e sociali, che incidono dialetticamente sull'individuale e sul collettivo, o come egli preferisce dire, geneticamente , dunque morfologicamente , sullo psicologico, sul sociologico, sull'economico, sull'etico, sull'educativo e sul politico-sociale. In questo senso, il criterio labrioliano del “morfologico”, proprio in quanto rinvia evidentemente anche al concetto di “epigenesi” (alla teoria epigenetica della storia ), intrattiene tuttavia fin dall'inizio rapporti assai stretti con il tema più comprensivo della “genesi”, del formativo . Un tema che, già variamente presente nello studio labrioliano su La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele (1869-70), propone innanzitutto Bertrando Spaventa come fonte privilegiata anche del “morfologico” [3] . Lo Spaventa che, tanto per esemplificare, ragionando intorno alla genetische Methode dello herbartiano Heymann Steinthal, fin dagli anni Cinquanta dell'Ottocento, si era provato a tradurre nel proprio ambito speculativo il seguente significativo ragionamento steinthaliano (che non a caso rifà poi capolino nel Labriola dei Saggi , per l'appunto a proposito della preferenza labrioliana ad usare il termine genetico , invece di dialettico ). Ma ecco Steinthal:
Noi non abbiamo un metodo dialettico di tal natura, che separato dalle cose produca certe relazioni puramente ideali, le quali poi corrispondono in qualche modo a certe intuizioni. Ma, come per Hegel nella logica o nella scienza dell'idea, il metodo non è altro che la esplicazione organica e libera dell'idea, e la riflessione filosofica non deve far altro che intuire e riprodurre questa esplicazione: così ugualmente per noi, nella storia della natura e nella storia dello spirito (filologia), il metodo consiste nella forma della esplicazione organica e libera della cosa stessa o della materia [4] .
Tale è per l'appunto il metodo genetico , che per Spaventa è «il vero metodo speculativo (intuitivo) […] inerente nelle cose stesse», che noi «intuiamo pensando». Tale, mutatis mutandis , il processo genetico , che è all'origine del criterio del morfologico e della concezione epigenetica della storia secondo Labriola, una volta fuori dai pregiudizi che ingombrano il campo della conoscenza e dell'azione, per cogliere invece «i motivi, la genesi e lo sviluppo» delle opere e delle attività umane. Ed essendo consapevoli, sempre, del limite «che riflette più vivamente e più direttamente il carattere intimo e particolare della ricerca»: e cioè «la doverosa cautela di usare del criterio conoscitivo della neoformazione solo quando l'analisi qualitativa lo permetta e lo richieda, ma di non sorpassarlo mai» [5] . Di modo che “teoria epigenetica” e “criterio del morfologico”, illuminandosi a vicenda, tendono a coincidere herbartianamente con il tema dell'equilibrio della “filosofia” come “chiarificazione dei concetti” in rapporto con la “non-filosofia”, in cui consiste, da un lato, il multiforme dell'esperienza varia e variabile della storia umana , dall'altro lato, la formulazione labrioliana del concetto di legge , di legge storica , che per l'appunto rinvia per esplicito al criterio del “morfologico”. A proposito del quale il Labriola di I problemi della filosofia della storia (1887), guadagnando a sé il “morfologico” delle scienze della natura, spiega infatti per analogia:
A cotesto presupposto dei sistemi, in cotale aspetto psicologico, si connette direttamente il concetto di legge. Non è infatti chi possa immaginare, o credere che il supposto di legge si debba ritrarlo dall'ordine ovvio della cronologia estrinseca degli avvenimenti, secondo che la storia è di solito narrata, e che vada poi applicato come mezzo probabile di previsione. Il significato di legge in questa particolare accettazione è analogo a quello della morfologia nelle scienze organiche; e consiste precisamente nel riconoscere le condizioni di corrispondenza, o d'azion reciproca, da cui nasce un dato tipo [6] .
E continua:
La qual cosa apparisce massimamente chiarita dai risultati meravigliosi del metodo comparativo in fatto di lingue, miti, di costumi e simili; il pregio della qual maniera di studii non istà principalmente nel cumulo delle infinite notizie, ma nel fatto che le omologie di tipo ci mettono in grado di completare una tradizione od istituto anche antichissimo […]. Per via di cotali ricostruzioni si giunge via via a tipi più generali, come son quelli che designamo coi nomi di ariano, di semitico e simili; nelle quali caratteristiche non è nulla d'intuibile e di esperimentabile alla prima, come quando si dica delle differenze di neri e di gialli [7] .
Sennonché, nella determinazione dei propri «nessi» e «plessi», è pur sempre la storia umana nella sua interezza , in quanto tale, ad avere la maggior voce in capitolo; è la storia tutta d'un pezzo (comunque) a determinare i tempi e i ritmi degli accadimenti; è lei, la Signora Storia anzitutto, a vivere oggettivamente se stessa, a dettare in principio le regole del suo farsi… Infatti, dirà più tardi Labriola, «noi siam vissuti dalla storia ; che è la sola e reale signora di noi uomini tutti» [8] . Ed è in questa storia “soggettiva”, “riflessiva”, onnivora, sovrana, che si svolge il «dramma» delle «antitesi sociali», che «fanno di ogni convivenza umana un organamento instabile». Una umana convivenza, di cui gli uomini, nella dimensione scenico-teatrale che la storia offre loro, sono attori ma anche e soprattutto spettatori, specie quando la storia «sia vista ed esaminata rapidamente e a grandi tratti» [9] . Ed è un dramma che
si ripete nei rapporti da comunità a comunità, da nazione a nazione, da stato a stato, perché le interne disuguaglianze, concorrendo con le differenziazioni esterne, han prodotto e producono tutto il moto delle guerre, delle conquiste, dei trattati, delle colonizzazioni e così via [10] .
Ecco perché, aveva detto poco più sopra Labriola (ma si tratta di pensieri che gli appartengono da sempre), «la ricerca storica» deve «metter capo in una narrazione piena, trasparente e integrale» [11] . E sono tutti aggettivi, che concorrono a definire il morfologico , l'azione storiografica che se ne deduce ed il suo limite metodologico:
Comprendere l'intreccio ed il complesso nella sua intima connessione e nelle sue manifestazioni esteriori; discendere dalla superficie al fondo, e poi rifare la superficie dal fondo; risolvere le passioni e i disegni nei moventi loro, dai più prossimi ai più remoti, e poi ricondurre i dati delle passioni, dei disegni e dei moventi loro ai più remoti elementi di una determinata situazione economica: ecco l'arte difficile, che deve esemplificare la concezione materialistica [12] .
L' arte difficile di una visione storiografica, che «a dirla in una parola, ora come prima e come sempre», intanto è arte ed è difficile arte , in quanto si compone operativamente nella previsione storica, che è “morfologica” giacché, come la storia (la “Storia”), «è sempre determinata, configurata, infinitamente accidentata e variopinta». E' organica in se stessa e per se stessa. Ha «combinatoria e prospettiva»: ed è fatta di «cose, che paiono disparate, indipendenti, e per sé stanti», ma delle quali occorre «cogliere l'insieme come insieme, e scorgervi i rapporti continuativi di serrati accadimenti» [13] . L'azione, lo strappo, la rivoluzione, un domani, potrà scaturire da qui; e alla stregua di ciò essere oggi solo immaginata, solo prefigurata come una ragionevole possibilità. Niente altro. Ed è questa la ragione anche tecnica per la quale, come testimonia Labriola da un capo all'altro della sua vicenda filosofica ed etico-politico-pedagogica, il criterio del morfologico non è anticipazione di cose ma solo adesione alle cose. E quindi: è anzitutto riproduzione intelligente ma storicamente dipendente di forme, comunque aderenti alle condizioni date, in quanto risultano organiche all'insieme . E' poi immersione critica totale e totalizzante in un processo di realtà storiche complesse, qui ed ora conoscibili, analizzabili, sintetizzabili in una forma . E' ancora proposito etico-politico-pedagogico, decisamente aperto al nuovo, ma limitato ed autolimitantesi a priori nelle cause e negli effetti, perché storicamente connesso alle circostanze e da queste determinato . E' infine intervento “didattico” , sia di chi insegna nella scuola istituzionale o istituzionalizzabile (la scuola popolare), sia degli stessi ideali politico-sociali-educativi di cui, d'accordo con la storia, l'educazione dispone . Accade così, per esempio, che educativo possa risultare l'esempio il Giordano Bruno, che spezzando «del tutto le catene della scolastica», e contrapponendo «l'etica naturale della ragione delle cose, a qualunque maniera tradizionale di religione e tutt'uno in se stesso come persona e come filosofo», ha storicamente (morfologicamente) già vivo «il sentimento della nuova esperienza, a cui la natura avesse ad assoggettarsi, per rivelarci le sue proprie leggi» [14] . Egualmente pedagogiche (e aderenti alla forma “logica” delle “cose”) finiscano con l'essere, per esempio, le particolari contraddizioni di Giuseppe Garibaldi: di «lui repubblicano», che «concorse a formare, per autorità di plebisciti, il nuovo principato; il quale atto, come per simbolo e per indizio, designa il presente ufficio e la futura storia delle nostre istituzioni»; di lui, «odiatore dei preti, della Chiesa costituita e delle dottrine cattoliche», che «fu, come pochi, altamente e veracemente cristiano» [15] . Così come pedagoghi involontari del “morfologico”, alla loro maniera, sono il Giuseppe Mazzini, che «sta proprio di mezzo fra il liberalismo che passa e il socialismo che sorge» [16] ; i martiri di Conselice e quelli di Chicago, le vittime di Aigues-Mortes, quelle della repressione dei Fasci siciliani e, nelle varie forme, il socialismo , che si fa scuola di ideali accanto alla «scuola popolare», che «è il mio vero ideale» e senza la quale «non avremo democrazia, cioè amministrazione frenata e consapevole, giudice popolare, eguaglianza morale» [17] .
Perché la società
è per noi un dato che noi non possiamo risolvere, oltre a quella maniera di analisi, che si fa riducendo le forme complesse alle più semplici, le moderne alle più antiche: il che è rimanere, però, sempre nel fatto di una società che esiste. La storia non è se non la storia della società; - ossia del variare delle cooperazione umana, dall'orda primitiva allo stato moderno, dalla lotta immediata contro la natura, con pochi ed elementarissimi istrumenti, fino alla struttura economica presente, che culmina nella polarità del lavoro accumulato (capitale) e lavoro vivo (i proletari). Risolvere il complesso sociale in semplici individui, e ricomporlo poi con escogitati atti di elezione e di volontà; - costruire, insomma, la società coi ragionamenti, significa sconoscere la natura obiettiva e l'immanenza del progresso storico [18] .
L'educazione, la “pedagogica”, lo strumento del formativo , del morfologico concernente la « coscienza morale , che fu assunta a presupposto delle condizionate valutazioni etiche». In quanto:
La coscienza morale, che realmente esiste, è un fatto empirico; è un indice, ossia un riassunto, della relativa formazione etica di ciascun individuo. Se scienza qui ha da essere, essa non può spiegare le relazioni etiche per via di coscienza, ma deve appunto intendere come tale coscienza si vada formando [19] .
E difatti:
Se i voleri derivano, e se la morale resulta dalle condizioni della vita, l'etica, nel suo insieme, non è che una formazione; ossia il suo problema si risolve in quello della pedagogica [20] .
E, dunque, nella questione del “morfologico” come criterio di massima di tutta una “concezione del mondo” e della conseguente pedagogia (con tutti i suoi pregi, con tutti i suoi limiti).
C'è una pedagogica, direi individualistica e soggettiva, la quale, supposte le condizioni generiche della perfettibilità umana, costruisce delle regole astratte, per mezzo delle quali gli uomini, che sono in via di formazione, sarebbero condotti ad essere forti, coraggiosi, veritieri, giusti, benevoli, e così via per tutta la distesa delle virtù cardinali e secondarie. Ma può essa, la pedagogia soggettiva, costruire da sé il terreno sociale sul quale tutte coteste belle cose avrebbero a realizzarsi? Se lo costruisce, essa disegna semplicemente un'utopia [21] .
E spiega:
Perché davvero il genere umano, nel rigido corso del suo divenire, non ebbe mai tempo e modo di andare a scuola da Platone o da Owen, da Pestalozzi o da Herbart. Anzi ha fatto come gli è stato forza di fare. Gli uomini, che presi in astratto son tutti educabili e perfettibili, si son perfezionati ed educati sempre quel tanto, e nella misura che essi potevano, date le condizioni di vita in cui è stato loro necessità di svolgersi. Se mai, questo è appunto il caso in cui la parola ambiente non è metafora, e l'uso del temine accomodazione non è di traslato. La morale effettiva ci si presenta sempre come qualcosa di condizionato e di limitato, che la fantasia ha cercato poi di superare, o escogitando le utopie, o creando un soprannaturale pedagogo, o una miracolosa redenzione [22] .
Da cui la conclusione che, se in questa società
delle differenziazioni, l'odio, l'orgoglio, la ipocrisia, la menzogna, la viltà, l'ingiustizia, e tutto il catechismo dei vizi cardinali e loro accessori, fanno da triste riscontro, e anzi da satira, alla morale uguale per tutti [23] .
Per cui, nell'ottica del “morfologico”:
l'etica si risolve a un certo punto nello studio storico delle condizioni soggettive ed oggettive del come la morale si sviluppi, o trovi impedimento a svilupparsi. In ciò solo, ossia entro questi termini, ha valore l'enunciato, che la morale è corrispettiva alle situazioni sociali, e ossia, in ultima analisi , alle condizioni economiche […]. In altri termini, l'uomo sviluppa , ossia produce sé stesso, non come ente genericamente fornito di certi attributi, che si ripetono o si svolgono secondo un ritmo razionale; ma produce e sviluppa se stesso, come causa ed effetto, come autore e conseguenza ad un tempo, di determinate correnti di idee, di opinioni, di credenze, di fantasie, di aspettazioni, di massime [24] .
Di qui l'antico, mai smesso, adagio dialogico-socratico del 1869, che propone di nuovo, nel 1898, il criterio del “morfologico”, nella aspettativa della « diade Socrate-Marx»:
Prescindere da ogni anticipata teoria psicologica e metafisica, e seguire attentamente la genesi del dialogo, questa è la sola via che possa tenersi, con la speranza di riprodurre fedelmente le condizioni reali nelle quali si produsse la definizione socratica [25] .
Mi aspetto una diade Socrate-Marx; perché Socrate per il primo scoprì: essere il conoscere un fare, e che l'uomo conosce bene solo ciò che sa fare […]. Nei molti anni che ho speso nell'insegnare, io fui sempre persuaso del gran danno che si fa alle menti giovanili, quando invece d'immergerle, con opportuna e pieghevole arte, in una determinata provincia della realtà, perché osservando, comparando e sperimentando, poco per volta arrivino alle formule, agli schemi, alle definizioni, si comincia dall'usar subito di queste ultime, come se fossero i prototipi delle cose esistenti [26] .
Sicché in conclusione:
Insomma, la definizione da cui s'incomincia è vuota, mentre è solo piena quella cui si arrivi, geneticamente […]. La didattica non è quella attività, che produca un nudo effetto di cosa fissa (come nudo prodotto); ma è quella attività, che generi altra attività. Insegnando noi riconosciamo, come nocciolo primo d'ogni filosofare è sempre il Socratismo ; ossia la virtuosità generativa dei concetti [27] .
Virtuosità generativa dei concetti , che tuttavia, nella quotidianità del filosofo Labriola (proprio nei giorni in cui si celebra Giordano Bruno), entra in rapporto e magari in conflitto con le passioni dell'uomo e con gli eroici furori del pedagogo . Per questo occorre parlarne, con la massima trasparenza d'intenti, tra fondatezze critiche e prevaricazioni dell'immaginario; ed agire personalmente di conseguenza, per rendere operativamente (morfologicamente) ragione della complessità di una situazione mentale e morale:
È del filosofo appunto questa doppia figura: il filosofo, o signori, è di solito, e per abito e per ufficio suo, critico della conoscenza, critico del pensiero, critico della società, critico dei pregiudizi. Ma, quando si elevi dentro di se medesimo, e per un istante si rappresenti come in compendio, e anzi in forma di poesia, la somma delle convinzioni che sia andato facendo per critica di ragione, il filosofo, per poco che spinga lo sguardo di là della cerchia della mente dei volgari, può diventare augure e profeta. Ed io vorrei per un istante solo vivere, come per immagine dentro di me, della vita della futura Italia, che penetrata tutta della coltura, e costituita in forma di verace democrazia, parlerà di noi e del nostro stato presente, come di infanti ciechi per errore [28] .
Egualmente il politico, il socialista Labriola, che volendo affermare le sue idee come storicamente radicate nelle “cose”, usando del criterio del “morfologico”, si propone di battere gli «scettici», che definisce «mediocri vanitosi» e «borghesi della logica». I quali
si sbagliano, perché qui si tratta di germi di già sbocciati, che cresceranno in rigogliosa pianta, qui si lavora di legittimi desideri che piglieran forma di diritti positivi, qui non è vaniloquio d'incerti lamenti né vaneggiamento di vago sogno, ma l'inizio di nuova vita, che piglia forma nelle menti e piglierà poi assetto nelle cose. Di qui il carattere di precursori e di apostoli, di qui la propaganda. Alle presenti opinioni e aspettazioni molto avran da correggere i posteri, e non è lecito a chi si sia da anticipare d'immaginazione il lavoro dell'avvenire: ma sta e starà saldo il principio, che non è diritto di natura la legge che mette il maggior numero in balia delle minoranze, e non è umana consociazione quella in cui la schiavitù è inevitabile [29] .
Di qui, la novità storica del socialismo , morfologicamente circoscrivibile tra funzione catalizzatrice di realtà politico-sociali contraddittorie e idealità innovative, virtualmente rivoluzionarie:
Dottrina di apostoli, di precursori, di scuotitori di dormienti, il socialismo mira a risolvere i problemi che gli scettici ignorano, i liberali rimandano all'infinito, i demagoghi sfruttano. Nessun uomo schiavo dell'altro uomo, nessun uomo istrumento della ricchezza altrui : ecco i canoni generalissimi, da cui derivano i particolari principi, che come arma di critica e come forza rivoluzionaria inaugurano un nuovo periodo ideale e reale della storia, iniziano il nuovo diritto e la nuova morale […]. Cotesta critica dei vecchi sistemi è per ora il maggior trionfo del socialismo scientifico , che sicuro di sé come teoria misura a secoli la trasformazione ; mentre i travagliati, gli oppressi, i derelitti, che cittadini di nome fanno in reatà la parte dei servi, preparano negli animi e negli intenti loro la nuovissima rivoluzione sociale [30] .
La “naturalizzazione” della storia
In questo senso il morfologico è criterio da perseguire razionalmente e nondimeno da far valere idealmente, da vivere intellettualmente e passionalmente. E' criterio dell'affermazione individuale e collettiva dell'“ideologico” ed insieme esigenza personale e sociale di critica dell'ideologia . Criterio delle relazione impacifica, ma trasparente nella sua interna dialettica, di realtà e idealità , di pensiero e azione , di qualità e quantità , di uniformità e difformità , di essere e dover essere . Criterio che vive e si alimenta storicamente delle proprie, consapevoli contraddizioni storiche. Anche per questo, il morfologico attiene alla storia dell'intera formazione labrioliana, nei suoi specifici “momenti” e “moventi”; riguarda al tempo stesso, sia il Labriola che apprende sia il Labriola che insegna. E concerne e spiega il Labriola che, nell'arco della vita, riflette filosoficamente e si impegna politicamente; il Labriola liberale prima, radicale ad un certo punto, quindi socialista, infine marxista… E marxista , per l'appunto, nei termini espliciti, pratico-concettuali, del “morfologico”, che Labriola comincia col dedurre dal concetto di previsione storica :
La previsione storica, che sta in fondo alla dottrina del Manifesto, e che il comunismo critico ha poi in seguito ampliata e specificata con la più larga e più minuta analisi del mondo presente […] non implicava, come non implica tuttora, né una data cronologica, né la dipintura anticipata di una configurazione sociale, come fu ed è proprio delle antiche e nuove profezie ed apocalissi […]. Qui, invece, nella dottrina del comunismo critico, è la società tutta intera, che in un momento del suo processo generale scopre la causa del suo fatale andare, e, in un punto saliente della sua curva, fa luce a sé stessa per dichiarare la legge del suo movimento. La previsione, che il Manifesto per la prima volta accennava, era, non cronologica, di preannunzio o di promessa; ma era, per dirla in una parola, che a mio avviso esprime tutto in breve, morfologica [31] .
E in questo stesso ordine di idee sembra anche opportuno non solo riandare al Labriola di I problemi della filosofia della storia , dove la tematica del “morfologico” risulta essenziale, ma anche rammentare per esempio il Labriola, che, nel 1888-'89, mentre parla dalla cattedra universitaria ai maestri elementari della scuola popolare, viene a dire, tra l'altro, della «geografia» come «cognizione morfologica della superficie della terra», «più intuibile della storia» e per ciò stesso, pedagogicamente, una propedeutica della storia [32] . Ed allarga così il discorso alle «scienze morfologiche» che, proprio in forza dei loro «esperimenti», sono dirette
a estirpare la superstizione, formando l'abitudine a credere che quello che accade, è semplicemente normale. Insomma gli esperimenti devono formare nel fanciullo il sentimento della normalità dei fatti, e creare la convinzione che ciò che avviene non è effetto di una miracolosa potenza […]. Per l'insegnamento delle scienze naturali nella scuola popolare, è da mettersi in prima linea la fisica, e poi l'anatomia umana. E, prima di tutto, la fisica perché atta ad infondere il sentimento della verità delle scienze della natura, e unico mezzo per combattere la superstizione [33] .
E continua, Labriola, coniugando nel ragionamento natura e cultura, pedagogia e impegno politico-sociale (tuttavia «il maestro non deve essere un agente del governo, giacché nessuno ha diritto ad impegnare le opinioni delle generazioni future»):
Al maestro, poi, non si può comandare ciò che deve fare, perché egli deve portare nella scuola il convincimento razionale di ciò che fa, e l'ufficio della scuola popolare è di produrre lo spostamento delle classi sociali, nel senso che siano tolti i privilegi a certe classi, e siano concessi certi diritti ad altri [34]
Citazioni, queste ultime, che inducono oltretutto a riflettere sul rapporto tra un siffatto concetto del morfologico e il cosiddetto “terreno artificiale”, in cui consiste la storia umana; sui propositi tecnico-educativi, interdisciplinari, dell'insegnamento di Labriola e sull'idea tipicamente labrioliana della naturalizzazione della storia , come ulteriore, compiuta, formulazione del morfologico : che non significa, confusamente (positivisticamente), «estendere alla storia le leggi e i modi del pensiero, che parvero già appropriati e convenienti allo studio e alla spiegazione del mondo naturale in genere, e del mondo animale in specie» [35] , ma che vuol dire invece esercitare tecnicamente (positivamente) la critica con la massima chiarezza metodologica, togliere il velo dell'ideologia disoccultandone naturalmente le forme; produrre, quindi, una sorta di profilassi critica ed autocritica (“delle cose”), che emendi l'arbitrario ed obiettivizzi (naturalizzi, appunto) il “terreno artificiale” della storia,
invertendone la spiegazione dai dati alla prima evidenti delle volontà operanti a disegno, e delle ideazioni ausiliari all'opera, alle cause ad ai moventi del volere e dell'operare, per trovare poi la coordinazione di tali cause e moventi nei processi elementari della produzione dei mezzi immediati della vita […] [36] .
E ciò, con la conseguenza di carattere formativo e trasformativo, evidentemente pedagogico, che consiste nel riconoscere negli strumenti della «ragion ragionante» la tendenza a comporsi, per così dire, con le attività e i prodotti della storia umana. La tendenza, cioè, a colmare, la distanza tra i «bisogni» e le «occasioni esterne», tra l'«esperienza immediata» ed il possibile «sviluppo» di «organi interni ed esterni», tra «l' imaginatio e l'ignoranza» (dirà altrove) e la «padronanza critica» che vi si oppone... Infatti, spiega Labriola: «Tra questi organi sono anche intelletto e ragione, resultati e conseguenze anch'essi di esperienza ripetuta e accumulata» [37] . Di modo che:
La formazione integrale dell'uomo, per entro lo sviluppo storico, non è oramai più un dato ipotetico, né una semplice congettura; ma una verità intuitiva e palmare. Le condizioni del processo che genera progresso sono oramai riducibili in serie di spiegazioni; e noi, fino ad un certo punto, abbiamo come sott'occhi lo schema di tutti gli sviluppi storici morfologicamente intesi [38] .
Ragion per cui tra critica dell'ideologia, criterio del morfologico e azione pedagogica non c'è più soluzione di continuità:
Questa dottrina è la negazione recisa e definitiva di ogni ideologia, perché è la negazione esplicita d'ogni forma di razionalismo; intendendosi sotto cotal nome il preconcetto, che le cose nella loro esistenza ed esplicazione rispondano ad una norma, ad un ideale, ad una stregua, ad un fine in modo esplicito o implicito che siasi. Tutto il corso delle cose umane è una somma, anzi è tante serie di condizioni, che gli uomini si son fatte e poste da sé per l'esperienza accumulata nella variabile convivenza sociale; ma non presenta, né l'approssimazione ad una presegnata meta, né la deviazione da un primo principio di perfezione e di felicità [39] .
Donde deriva, morfologicamente , una diversa cognizione delle “cose” e della “storia” passate; una nuova ma alquanto pesante consapevolezza delle necessità e dei condizionamenti della vita umana presente; e, per il futuro, un più accorto senso del limite non disgiunto tuttavia da una evidente frustrazione delle possibilità d'intervento umano nelle cose; e, dunque, un'idea mentalmente ancora hegeliana della previsione storica e del “progresso”:
Il progresso stesso non implica se non la nozione di cosa empirica e circostanziata, che presentemente piglia chiarezza e precisione nelle nostre menti, perché, per lo sviluppo finora avveratosi, noi siamo in grado di valutare il passato, e di prevedere, ossia d'intravvedere in un certo senso e in una certa misura [cioè solo tendenzialmente , morfologicamente ] l'avvenire [40] .
La storia “tutta d'un pezzo”
Ed è questo un criterio, di cui Labriola si avvale, prima ancora che in Del materialismo storico e nel Discorrendo di socialismo e di filosofia , nell' In memoria del Manifesto dei Comunisti (ma è criterio d'analisi, che sembra appartenergli praticamente da sempre), per sostenere che la storia «è sempre tutta d'un pezzo, e poggia tutta sul processo di formazione e di trasformazione della società» [41] . Ne ragionerà quindi, ancora nel primo dei Saggi , in tema di «rivoluzione», di «formazione del partito vero e proprio della politica proletaria» e del «metodo di informazione»: e dunque in tema di «dottrina», come «istrumento di orientazione» ed insieme «arma di combattimento», soffermandosi sulla modernità del socialismo, come espressione non di «una semplice data cronologica estrinseca, ma anzi un indice del processo interno, ossia morfologico della società» [42] . Sicché il morfologico , per essere giustamente inteso, esige tecniche di analisi e strumenti adeguati di intervento:
C'è sì un'analisi, che, separando astrattamente i fattori di un organismo, li distrugge in quanto elementi concorrenti nella unità del complesso: - ma ce n'è un'altra di analisi, ed essa sola ha valore per la intelligenza della storia, ed è quella che distingue e separa gli elementi soltanto per ravvisarvi la necessità obiettiva della concorrenza loro nel resultato [43] .
Il che costituisce l'unica modalità di accesso alla genesi dei processi storici, sia in teoria sia in pratica, che Labriola sia in grado di indicare positivamente. Ed è il criterio per l'appunto, da un lato, della comprensione morfologica della storia; dall'altro lato, come seconda faccia della stessa medaglia, l'ipotesi della modificazione in corso degli elementi della realtà storica, dei «moventi», dei «movimenti» e dunque delle «ragioni di tali cangiamenti» (economici in primis ) [44] :
Cioè, bisogna rivolgersi allo studio delle differenze che corrono tra le varie forme della produzione, quando si tratti di epoche storiche nettamente distinte, e propriamente dette: - e dove si tratti di spiegarsi il succedersi di tale forme, ossia il subentrare dell'una all'altra, occorre studiare le cause di erosione e di deperimento della forma che trapassa: - e da ultimo, quando si voglia intendere il fatto storico concreto e determinato, bisogna studiare e dichiarare gli attriti e i contrasti che nascono dai varii concorrenti (ossia le classi, le loro suddivisioni, e gl'intrecci di quelle e di queste), che formano una determinata configurazione [45] .
Di modo che:
la previsione generica di una nuova èra storica è diventata pei socialisti l'arte minuta dell'intendere caso per caso quel che si convenga e sia dovere di fare; perché quell'èra nuova è per sé stessa in continua formazione [46] .
Donde, in primo luogo, l'esigenza dell'«educazione politica» del proletariato, ossia, più in generale, dal «reggimento tecnico e pedagogico della convivenza umana», mediante «il selfgovernment del lavoro» [47] . E dunque, in concreto: eliminazione di quel gran male che è l'« idiotismo della campagna » [48] e la «formazione del proletariato nuovo» [49] . Un processo pertanto di aggregazione di sentimenti e passioni e cognizioni, e di sedimentazione pedagogica, ricco di storia e di dimensioni ideali ed ideologiche assai complesse. E che, nelle sue pieghe strutturali, s'intravede in ciò che Labriola viene argomentando più avanti, intorno alla «relativa necessità» delle «leggi economiche» ed alla «concezione organica della storia», quindi alla «totalità» e «unità della vita sociale che si ha innanzi alla mente», e dunque alla « economia stessa» come « ordinamento di fatto » e non semplice disquisizione accademica, che «vien risoluta nel flusso di un processo, per apparir poi in tanti stadii morfologici, in ciascun dei quali fa da relativa sostruzione del resto, che le è corrispettivo e congruo» [50] . Un concetto, questo degli stadii morfologici (e genetico-epigenetici ), che ha in Labriola radici tanto profonde e chiare (il suo sostanziale hegelismo) quanto formativamente composite. Mentre l'intero suo ragionamento circa l'unitarietà, totalità ed organicità della storia, è l'espressione di un'acquisizione scientifica che se ora, da un lato, non può fare a meno di chiamare in causa pedagogicamente «tutte le critiche, che si levano da tutti i campi della dotta ignoranza, o della ignoranza male addottrinata, non escluso quella dei socialisti, che siano immaturi, o sentimentali, o isterici», arriva da un altro lato ad additare coerentemente con i suoi principi (cioè morfologicamente) nel Capitale di Marx non tanto «il primo libro del comunismo critico», quanto piuttosto «l' ultimo grande libro intorno alla economia borghese » [51] . In questo senso, la stessa commemorazione del Manifesto come incipit della concezione materialistica della storia, non è altro, secondo Labriola, che il portato necessario, relativamente necessario , di ciò che morfologicamente presume in termini di formazione ed autoformazione, educazione ed autoeducazione, biografia e, diresti quasi, di autobiografia (con ovvio riferimento al Labriola “politico” degli anni dal 1872 al 1876, del 1886, del biennio 1890-1892):
L'eroica rassegnazione, con la quale Marx uscì dopo il 1850 dall'arena politica, ha un riscontro nel suo ritiro dalla Internazionale , dopo il congresso dell'Aja nel 1872. Ai biografi i due fatti possono interessare per ritrovarvi dentro il suo carattere personale; nel quale, in effetti, e le idee e il temperamento, e la politica e il pensiero facevano tutt'uno. Ma in questi fatti particolari c'è una significazione più lata, e di maggior peso per noi. Il comunismo critico non fabbrica le rivoluzioni, non prepara le insurrezioni, non arma le sommosse [52] .
È, se mai, l'aspetto razionale, scientifico, in via di ipotesi rigoroso, giustificato e necessario, che viene a concorrere nel proprio ambito alla genesi complessiva di una forma storico-sociale nuova, rivoluzionaria. La quale forma, secondo Labriola, va certamente ipotizzata, studiata, preparata, organizzata, voluta da quanti, nel tempo, concorrono alla sua genesi; ma, per esistere e durare in qualche modo storicamente e politicamente, deve prender tempo per arrivare ad essere la forma reale necessaria dei suoi contenuti di oggettiva razionalità. Hegel docet… Deve cioè, nelle forme possibili, cominciare a vivere socialmente nei fatti, allo stesso modo in cui riesce a vivere filosoficamente nella teoria, per farsi quindi movimento reale e coscienza di classe: e, dunque, positiva capacità di risoluzione unitaria, morfologicamente innovativa, dei problemi posti dalle coesistenti ed opposte formazioni economico-sociali e politiche. Di qui la novità del comunismo critico, con suoi caratteri di organicità , complessità e autocriticità , che Labriola spiega in questi termini:
È, sì, tutt'una cosa col movimento proletario; ma vede e sorregge questo movimento nella piena connessione che esso ha, o può e deve avere, con l'insieme di tutti i rapporti della vita sociale. Non è, in somma, un seminario in cui si formi lo stato maggiore dei capitani della rivoluzione proletaria; ma è solo la coscienza di tale rivoluzione, e soprattutto, in certe contingenze, la coscienza delle sue difficoltà [53] .
E poco più oltre:
E come dal processo delle cose viene il processo delle idee, così a questo multiforme processo pratico del proletariato, che è tanto vario di forme e d'intrecci, che nessuno può vederselo innanzi agli occhi e ripensarlo tutto, ha corrisposto un graduale sviluppo delle dottrine del comunismo critico nell'intendere la storia e nell'intendere la vita presente, fino alla minuta descrizione delle più piccole parti della economia: - esso, in somma, è diventato una scienza , se tal nome vuol essere inteso con la debita discrezione [54] .
Non a caso, l'intero Saggio è attraversato variamente dai concetti di tendenza (necessaria) e di necessità (relativa); di genesi , autogenesi e sviluppo ; di nascita e infanzia (dell'uomo, del socialismo); di biografia e storiografia ; dall'idea, ancora, di normalità e gradualità dei processi storici in atto e dall'idea di ammaestramento e apprendimento (personale e sociale); dal proposito, quindi, di un' educazione politica come reggimento tecnico e pedagogico della convivenza umana : e dunque, insistentemente, dalle conseguenti nozioni, ora esplicite ora implicite, di forma , formazione , neoformazione , informazione , preformazione , conformazione , deformazione , trasformazione , come motivi comunque intrinseci alle dimensioni del morfologico quale sede del «solo schema» e del «solo ritmo» dei processi storici [55] . E del morfologico , in quanto logica del perpetuarsi e del rinnovarsi delle diverse forme storiche , come esito del formativo ad ogni possibile suo livello: politico, economico, ideologico, religioso, etico, metodologico, antropologico, psicologico, sociologico, educativo, ecc. E questo, sul presupposto filosofico che la concezione materialistica della storia si faccia strumento di interpretazione del «mondo intero» e «teatro» [56] delle oggettive contraddizioni storiche e di quel che ne regola morfologicamente (in questo senso fatalmente ) il corso. Strumento di conoscenza obiettiva delle condizioni storiche e delle cose che necessariamente ne risultano: allungamento dei tempi dell'azione politica, allontanarsi della prospettiva rivoluzionaria, ridursi delle stesse possibilità riformistiche, coesistenza-conflittualità delle classi sociali, rinnovata fiducia nella funzione della cultura e dell'educazione. E infine, secondo l'ipotesi conclusiva di Labriola: l'idea, nel punto morfologicamente più maturo, della civilizzazione, però in senso capitalistico, dei popoli storicamente arretrati; l'idea, comunque, della necessità della lotta di classe, ma pur sempre dall'interno della forma imprescindibile della produzione borghese; e l'idea della rivoluzione mondiale del comunismo, tuttavia in un futuro lontano, e tale, qui ed ora, da dovere fare intanto propria la gara e la concorrenza economica fra le nazioni, e dunque la conquista e la colonizzazione come strumenti indispensabili dello sviluppo. Conclude pertanto Labriola:
Per ora la conquista del mondo la fa l'epoca dei civilizzati; cioè la società, che si regge su le antitesi delle classi, e su la dominazione di classe, nella forma della produzione borghese (il Giappone insegni!). La coesistenza delle due nazioni in uno e medesimo stato, che fu già precisata dal divino Platone, si perpetua. L'acquisizione della Terra al comunismo non è cosa di domani. Ma più larghi si fanno i confini del mondo borghese, più popoli vi entrano, abbandonando e sorpassando le forme inferiori di produzione, ed ecco che più precise e sicure divengono le aspettazioni del comunismo: soprattutto perché decrescono, nel campo e nella gara della concorrenza, i deviatori della conquista e della colonizzazione. La Internazionale dei Proletarii , che era appena embrionale nella Lega dei Comunisti di cinquant'anni fa, diventata ormai interoceanica, dice ed afferma intuitivamente ogni Primo di Maggio, che i proletarii di tutto il mondo sono realmente e operosamente uniti. I prossimi o futuri sotterratori della borghesia, e i loro nipoti e pronipoti, ricorderanno in perpetuo la data del Manifesto dei Comunisti [57] .
I nipoti e pronipoti dei futuri sotterratori della borghesia , che nell'ottica del “morfologico” stanno cioè filosoficamente e pedagogicamente sullo stesso piano di quegli altri nipoti e pronipoti del “Papuano” (di lui, che intanto, è da fare schiavo ), i quali fra chissà quanto tempo assolveranno al mandato della storia: a seppellire la borghesia, i primi, dall'interno della lotta di classe; a farsi educare all'occidentale, i secondi, sì da accedere, finalmente, alla lotta di classe. Gli uni e gli altri, cioè, coerentemente descritti da Labriola come agenti necessari, anche se solo futuribili, di un processo storico, di uno storicismo obiettivo [58] , che ha comunque, come sua condizione oggettiva ed imprescindibile, quella «struttura morfologica della società capitalistica» magistralmente illustrata dal Marx del Capitale [59] , mediante
il frequente passare attraverso alle illustrazioni di mera storia descrittiva, per poi tornare, dalla dichiarazione delle premesse di fatto, alla esplicazione genetica del modo come quelle premesse, data la loro concorrenza e concomitanza, debbono funzionare tipicamente, formando esse la struttura morfologica della società capitalistica [60] .
E spiega:
Da ciò dipende, che quel libro, che non è mai dommatico, appunto perché è critico, ed è critico, non nel senso subiettivo della parola, ma perché ritrae la critica dal moto antitetico e quindi contraddittorio delle cose stesse, anche nei punti nei quali arriva alla descrittiva storica non si perde nello storicismo volgare , il cui segreto è questo: rinunziare alla ricerca delle leggi del variare, e alle varietà semplicemente enumerate e descritte appiccicare l'etichetta di processo storico, di sviluppo o di evoluzione. Il filo conduttore di quella genesi è il procedimento dialettico; ed è questo il punto scabroso, che mette in tristissima condizione tutti i lettori del Capitale , che nel leggerlo vi portano dentro gli abiti intellettuali degli empiristi, dei metafisici, e dei padri definitori di entità concepite in aeternum [61] .
La “rosa” del morfologico
Del tipo dei positivisti “storicisti”, assai diversi dai “materialisti biologici”, da cui i “materialisti storici” si distinguono evidentemente, anche se ad essi non s'oppongono per principio, ma solo per le conseguenze del loro “individualismo” psicologistico, a-storico, metafisico, astratto. Un individualismo che, escludendosi dall'interpretazione morfologica della storia , di quest'ultima, non spiega i fatti salienti nelle loro genesi e conseguenze prossime e meno prossime ; e dunque, per esempio, «come siano nati i dogmi del cristianesimo, né come siano nate le forme grammaticali del neo-latino, né come esistano in genere le compagini sociali» [62] . Al contrario, secondo Labriola:
Trovare le condizioni materiali del mondo storico sociale, questo è stato l'assunto del materialismo storico. Assunto parallelo e non derivato da ciò che i meri positivisti hanno chiamato sociologia; e qui voglio notare per incidente che io quando pronunzio la parola positivismo lo faccio sempre con grande apprensione, perché il positivismo come si è elaborato da Saint Simon a Littré, era essenzialmente storicismo, cioè tendenza a spiegare la storia, e invece in Italia tutti quelli che si chiamano positivisti, fatta eccezione di un solo, ossia dell'Angiulli, che in fondo veniva dalla scuola hegeliana, sono ricaduti nel materialismo innanzi Feuerbach, partono sempre dall'individuo e ricadono sempre nell'individuo e non afferrano perciò la morfologia storica; i nostri positivisti sono in generale al di sotto di Comte, il quale era tanto storicista da negare la possibilità di una psicologia individuale [63] .
Di qui pertanto, conclude Labriola, accanto al volto teoretico del “morfologico”, s'intravede l'altra faccia della questione: e cioè l'aspetto pratico-pedagogico, formativo , ad esso coessenziale. Giacché, nei suoi diversi «stadii», il criterio in questione tocca nel vivo tutti i gangli della storia e dei suoi «processi germinativi», storico-sociali “di fatto” ed “in atto”, che si determinano in presenza dei concetti e delle attività di formazione - neoformazione-informazione - preformazione - conformazione - deformazione - trasformazione [64] . Ecco perché tra “previsione morfologica” e “pedagogica”, come “scienza” e “tecnica” della “genesi”, corre buon sangue. Per cui potrà servire, comunque, il puntare sui «non pochi aspetti notevoli della psicologia e della pedagogica di quella convivenza futura, nella quale, secondo l'espressione del Manifesto: il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti » [65] . Mentre, nel frattempo, torna essenziale far valere contro la «previsione generica di una nuova èra storica», che è in ogni caso «per sé stessa in continua formazione», un diverso tipo, morfologico , di previsione, che deve coincidere con l'«arte minuta dell'intendere caso per caso quel che si convenga e sia dovere di fare», con lo «spirito rivoluzionario» che «si plasma tuttodì nella organizzazione proletaria» e con la «lezione intuitiva delle cose», che ne consegue [66] . È infatti «dal processo delle cose» che, morfologicamente, scaturisce «il processo delle idee». Si sa infatti che «le idee non cascano dal cielo» [67] . Di modo che si tratta di intervenire gradualmente, cioè pedagogicamente, in «questo multiforme sviluppo pratico del proletariato, che è tanto vario di forme e d'intrecci, che nessuno può più vederselo innanzi agli occhi e ripensarlo tutto» [68] . Occorre pertanto assecondare il «semplice portato dello sviluppo delle cose» [69] , mettendo a punto l'effettiva «educazione politica» del proletariato [70] , cui torna certo essenziale «la molteplice e ricca suggestione ideologica, etica, psicologica e pedagogica, che può venirgli dalla conoscenza e dallo studio di quante mai forme furono di comunismo e di socialismo» [71] , ed al tempo stesso dalle cose della storia più «intuitivamente istruttive»: così, in particolare (enumera Labriola) la «psicologia delle classi» reinventata da Balzac, la storia dell'uomo come storia dell'«ambiente artificiale», del «lavoro» e delle «antichissime formazioni», e la Rivoluzione francese, che, precisa Labriola, è «il caso più intensivo e vertiginoso di azione storica che si conosca, ed è perciò la più grande scuola di sociologia» [72] . «Pedagogica della ghigliottina», compresa [73] . Ma è la scuola, la scuola popolare “ideale”, nella sua forma istituzionale specifica e funzionalità culturale più ampia ciò che consente di coniugare criterio morfologico e ragioni della pedagogia . Nel senso che se «la coltura , nella quale appunto gli idealisti ripongono la somma del progresso, fu ed è per necessità di fatto assai disugualmente distribuita», questa «cosa» non toglie che
la maggior parte degli uomini, per la qualità delle cure e delle occupazioni cui attende, si trova ad essere come di individui disintegrati, fatti in pezzi, resi incapaci di uno sviluppo completo e normale […]. I progressi tutti del sapere servirono fino ad ora a differenziare il ceto degli addottrinati, e a mettere sempre a maggior distanza dalla coltura le masse, che, intese all'incessante lavoro di tutti i giorni, di questo alimentano la società tutta intera [74] .
Il che vuol dire che «l'azione reciproca dei diversi fattori», nell'insieme dei «fattori storici», ne risulta storicamente squilibrata e monca. La totalità storica deformata, decurtata, infranta; la tendenza politica contraddetta, frustrata, sconfitta. Tutto l'insieme rimane così affidato ad una dialettica storica che, spiegando la realtà, spiega se stessa, per la pars destruens , nei seguenti termini:
L'ignoranza - la quale alla sua volta può anch'essa essere spiegata - è cagione non piccola del modo come la storia è proceduta; e all'ignoranza bisogna aggiungere la bestialità non mai interamente vinta, e tutte le passioni e le nequizie, e le svariate forme di corruzione, che furono e sono il portato necessario di una società così organata, che il dominio dell'uomo su l'uomo vi è inevitabile, e da tale dominio la bugia, l'ipocrisia, la prepotenza e la viltà furono e sono inseparabili [75] .
Per la pars construens , in questi altri termini, ragionevolmente (ovvero morfologicamente) previdenti:
Noi possiamo, senza essere utopisti , ma solo in quanto siamo comunisti critici , prevedere, come di fatti prevediamo, l'avvento di una società, che svolgendosi dalla presente, e anzi dai suoi contrasti, per le leggi immanenti del divenire storico, metta capo in una associazione senza antitesi di classe: il che porta seco, che la regolata produzione eliminerebbe l'aleatorio della vita, che nella storia si rivela finora come multiforme intreccio di accidenti e d'incidenze. Ma ciò è l'avvenire, e non è, né il presente, né il passato [76] .
E tuttavia, accogliendo oggi come oggi la previsione morfologica nelle sue possibilità operative attuali:
Se noi invece ci proponiamo di penetrare nelle vicende storiche svoltesi fino ad ora, assumendo, come assumiamo, a filo conduttore il variare delle forme della sottostante struttura economica, fino al dato più semplice del variare degl'istrumenti, noi dobbiamo aver piena coscienza della difficoltà del problema che ci proponiamo: perché qui non si tratta già di aprir gli occhi e di vedere, ma di uno sforzo massimo del pensiero, che è diretto a vincere il multiforme spettacolo della esperienza immediata, per ridurne gli elementi in una serie genetica [77] .
Donde la conclusione:
E per ciò, dicevo, che nella ricerca particolare tocca anche a noi di pigliar le mosse da quei gruppi di fatti apparentemente isolati, e da quel variopinto intreccio, dallo studio empirico, insomma, dal quale è nata la credenza nei fattori, che poi si è svolta in una semidottrina [sicché] la ricerca specificata, critica e circostanziata dei fatti storici è la sola fonte di quel sapere concreto e positivo, che occorre allo sviluppo completo del materialismo storico [78] .
Ricerca specificata, critica e circostanziata dei fatti storici , che se è parte del complessivo «processo di formazione» [79] , comporterà pure, per l'insieme delle circostanze storico-sociali ad esso attinenti, un qualche soluzione di continuità ed un obiettivo salto di qualità. Al «socialismo scientifico» spetta infatti di raccogliere le fila di tutte le precedenti «forme di critica parziale, unilaterale ed incompleta» [80] . Tocca infine al materialismo storico di completare scientificamente, cioè riducendo pedagogicamente i margini della soggettività e dell'arbitrio, il quadro morfologico di una concezione storica generale. E difatti, conclude Labriola:
Questo non è più la critica soggettiva applicata alle cose, ma è il ritrovamento dell' autocritica che è nelle cose stesse. La critica vera della società è la società stessa, che per le condizioni antitetiche dei contrasti si i quali poggia, genera da sé in sé stessa la contraddizione, e questa poi vince per trapasso in una nuova forma [81] .
Per il momento basta rendersene conto, agire di conseguenza e far sì che altri se ne renda conto ed agisca a sua volta di conseguenza, nella prospettiva della massima «estensione della coltura» («dell'educazione del popolo minuto»). Così che, «grazie a metodo fattosi abito» (aveva detto Labriola in Dell'insegnamento della storia ), a rivoluzione socialista avvenuta (nell'ottica del pedagogico e del morfologico ), nella spinoziana «futura umanità di uomini quasi trasumanati» (dirà nel Discorrendo di socialismo e di filosofia ),
cesseranno tutte le disuguaglianze, che non sono quelle naturali del sesso, dell'età, del temperamento e della capacità; cesseranno, cioè, tutte le disuguaglianze, che hanno attinenza con le classi economiche, e anzi da queste son generate: e sparite le classi verrà meno la possibilità dello stato, come dominio dell'uomo sull'uomo. Il governo tecnico e pedagogico dell'intelligenza sarebbe l'unico ordine della società [82] .
Il criterio del “morfologico”, nel lessico proprio e nuovo di Labriola, la chiave probabilmente per accedervi dalla porta principale. La “rosa” dei suoi significati, «per dirla in una parola, che a mio avviso esprime tutti in breve», il modo forse più diretto e perspicuo per coglierne tutt'insieme, per lo meno tendenzialmente, gli aspetti.
[1] A. Labriola, Saggi sul materialismo storico , a cura di V. Gerratana e A. Guerra, Roma, Editori Riuniti, 1977, p. 35. Vale la pena di ricordare qui come il termine ed il criterio del morfologico derivino storicamente in Labriola all'incrocio di diverse discipline, anzitutto la linguistica, la geografia, le “scienze organiche” (anzitutto l'embriologia). La parola ed il concetto del morfologico finiranno tuttavia con l'acquistare in lui formativamente, cioè morfologicamente, significati di merito e valori metodologici unificanti e unificati soprattutto sul piano della storia e della storiografia. [2] Ivi, p. 77. [3] Cfr. N. Siciliani de Cumis, Studi su Labriola , Urbino, Argalìa, 1976, pp. 89-161. [4] H. Steinthal, Die Sprachwissenschaft Wilh. V. Humboldt und die Hegelische Philosophie , Berlin 1848, pp. 29-30; di B. Spaventa, cfr. la recensione di B. Spaventa, firmata SS., di questo scritto, in «Il Cimento», Torino, luglio 1955, pp. 60-65. Sul tema, cfr. G. Mastroianni, Antonio Labriola e la filosofia in Italia , Urbino, Argalia, 1976 (2° ediz), pp. 35-37. [5] A. Labriola, I problemi della filosofia della storia , a cura di N. Siciliani de Cumis, Napoli, Morano, p. 27. [6] Ivi, p. 37. [7] Ibidem. [8] Id., L'università e la libertà della scienza , in Id., Scritti pedagogici , a cura di N. Siciliani de Cumis, Torino, UTET, 1981, p. 604. [9] Id., Saggi sul materialismo storico , cit., p. 155. [10] Ibidem. [11] Ivi, p. 149. [12] Ivi, p. 153. [13] Ivi, p. 155. [14] Ivi, p. 159. [15] Id., Scritti politici 1886-1904 , a cura di Gerratana, Bari, Laterza, 1970, p. 162. [16] Ivi, p. 211. [17] Ivi, p. 169. [18] Id., Saggi sul materialismo storico , cit., pp. 137-38. [19] Ivi, p. 140. [20] Ibidem. [21] Ivi, p. 140. [22] Ivi, pp. 140-41. [23] Ibidem. [24] Ivi, p. 142. [25] Id., La dottrina di Socrate secondo Senofonte Platone ed Aristotele (1871). A cura di L. Dal Pane, Milano, Feltrinelli, 1961, p. 74. [26] Id., Saggi sul materialismo storico , cit., pp. 233 e 265-66. [27] Ibidem. [28] Id., Scritti politici 1886-1904 , cit., pp. 149-50. [29] Ivi, pp. 174-75. [30] Ivi, pp. 175-76. [31] Id., Saggi sul materialismo storico , cit., p. 35. [32] Id, Scritti pedagogici , cit., p. 533. [33] Ivi, p. 535. [34] Ibidem. [35] Id., Saggi sul materialismo storico , cit., pp.86 sgg. [36] Ibidem. [37] Ivi, p. 91. [38] Ibidem. [39] Ibidem. [40] Ibidem. [41] Ivi, p. 16 . [42] Ibidem. [43] Ivi, pp. 23-24. [44] Ivi, p. 35. [45] Ivi, pp. 35-36. [46] Ibidem. [47] Ivi, p. 45. [48] Ivi, p. 47. [49] Ivi, p. 52. [50] Ivi, pp. 59-60. [51] Ibidem. [52] Ivi, pp. 39-40 [53] Ibidem. [54] Ivi, p. 41. [55] Ivi, p. 43. [56] Ivi, p. 63. [57] Ivi, p. 63. [58] Ivi, pp. 115, 185, 332 (qui tra le poche, pochissime volte in cui Labriola usa la parola “storicismo”). [59] Ivi, p. 185. [60] Ibidem. [61] Ibidem. [62] Ivi, p. 332. [63] Ibidem. [64] Cfr. ivi, pp. 19 sgg. [65] Ivi, p. 30. [66] Ivi, p. 36. [67] Ivi, p. 41 e cfr. pp. 110 sgg. [68] Ibidem. [69] Ivi, p. 43. [70] Ivi, p. 44. [71] Ivi, p. 51 e cfr, p. 53. [72] Ivi, p. 55. [73] Ivi, cfr. p. 123. [74] Ivi, p. 100. [75] Ivi, p. 109. [76] Ibidem. [77] Ibidem. [78] Ivi, pp. 109-10. [79] Ivi, p. 116 sgg. [80] Ibidem. [81] Ivi, p. 118. [82] Ivi, p. 130.
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antonio labriola e la sua università