Questionario sull’organizzazione delle lezioni

 

Nome:  Nicola Siciliani de Cumis

Cattedra: Pedagogia generale (I Catt.)

 

a)      In generale come organizzi le tue lezioni?

Sulla base del seguente intreccio di pre-condizioni (fattuali ed ideologiche) imprescindibili:

-          impegno istituzionale con riferimento alla mia concreta esperienza di docente e di ricercatore, alla Materia che insegno,  alle Discipline di settore, al Corso di laurea, al Dipartimento, alla Facoltà, all’Ateneo di afferenza;   

-      previsioni in via di ipotesi giustificate circa la tipologia degli studenti frequentanti  (le loro ragioni);

-          trattazioni   circoscritte ed insieme flessibili di  un tema monografico che rispecchia problemi di ricerca legati ad un mio specifico campo di studi (tra specializzazione e enciclopedia), ed alla mia prospettiva di insegnamento (tra disciplinarità e interdisciplinarità);

-          una osservazione costante delle caratteristiche culturali ed umane degli studenti (motivazioni, interessi, atteggiamenti,  reazioni, aspirazioni  professionali e di ricerca, modificazioni in progress ecc.);

-          una dichiarazione degli obiettivi della singola lezione (nel breve e nel più lungo periodo, nell’ambito del Corso);

-          una esplicita disposizione all’ascolto degli studenti, così sul piano delle comuni indagini scientifiche come sul terreno dell’empirico, dell’estetico, del razionale, del sociale, dell’etico-politico, che ci concerne;

-         una continuativa attenzione al contesto (quotidianità universitarie ed extra-universitarie, comparazioni diacroniche,  nessi del “locale” con ciò che si propone come regionale-nazionale-continentale-planetario, ecc.);  

-         una dichiarata ipotesi di intervento critico individuale-collegiale nello “stato dell’arte”, tra didattica e ricerca (con riferimento al tema del  Corso, al campo disciplinare  e  agli eventuali sottotemi evidenziati via via);

su questa base, mi servo di “scalette” finalizzate al contenuto specifico della lezione: e di appunti, libri, fotocopie, riviste, giornali, grafici, statistiche, immagini, riferimenti a film, a programmi televisivi, radiofonici ecc. Talvolta uso la lavagna.

b)      Durante le tue lezioni in che modo stimoli il dialogo e le altre forme di  interazione con gli studenti?

In tutti i modi possibili, a seconda delle circostanze:

-          invitando gli studenti a dire la loro sui temi delle lezioni e dichiarandomi variamente disponibile al colloquio; 

-          ponendo domande mirate (individuali e/o collettive),  sollecitando pareri, valutazioni, confronti (per analogia e/o per differenza), e collegando le tematiche specifiche del Corso a tematiche esterne ma non estrinseche;

-          sospendendo il discorso, adoperando a ragion veduta il silenzio e stimolando l’uditorio ad  intervenire;

-          facendo leggere  e commentare  agli stessi studenti frequentanti  i testi del Corso: e, al limite, facendoli esercitare a turno a svolgere lezioni in ambiti di tipo seminariale (con la collaborazione, talvolta, di laureandi e laureati della Cattedra, di altri colleghi, di esperti esterni);

-          coinvolgendo gli studenti nello svolgimento di una ricerca, nell’adempimento di un compito didattico, nella risoluzione di qualche difficoltà organizzativa, in decisioni di comune interesse (ai vari livelli);

-          sdrammatizzando gli errori di tutti, spiegandone il senso e, quando sbaglio, facendomi correggere io stesso;

-          rendendo partecipi gli studenti della prospettiva generale in cui si inserisce il lavoro comune, illustrandone proceduralmente le ragioni storiche, spiegandone gli obiettivi raggiunti, mostrando quelli da raggiungere ecc.;

-          presentando e commentando situazioni relative ad esperienze scolastiche ed universitarie, proprie o altrui; 

-         utilizzando una molteplicità di dimensioni comunicative: osservativa,  esemplificativa, aneddotica, biografica, autobiografica, umoristica, parentetica ecc. 

-          coinvolgendo in prima persona  e per gruppi gli studenti nelle procedure  delle ricerche e della didattica, e stimolandone le attività nella dimensione del laboratorio (alla luce della tradizione, dei risultati standard, degli abbassamenti di tono,  delle punte di eccellenza ecc.).

c)      Ritieni che in questi anni la tua didattica sia cambiata e come?

Probabilmente sì, per effetto dell’età, dell’esperienza, del mestiere. Quanto al “come” della mia didattica tuttavia, e pur cambiando quel che ovviamente c’è da cambiare dall’uno all’altro livello istituzionale, io lo ritrovo già nel mio insegnamento pre-universitario, nella scuola media. Assai forte, e direi crescente, è comunque l’aiuto anche didattico che mi viene dato dalla tradizione universitaria di appartenenza, da singoli collaboratori, dagli stessi miei laureati, laureandi, studenti di diverse generazioni.

d)      Prevedi un cambiamento della didattica universitaria in un prossimo futuro e di che tipo?

Direi  di no: ma sono consapevole del fatto che ad ogni anno accademico, con i nuovi studenti, con i cambiamenti delle situazioni di contesto, in un certo senso si ricomincia  da un punto “zero”;  e che la didattica universitaria quindi – nonostante le sue eventuali acquisizioni -  non è altro che un caso particolare di indagine, i cui possibili,  migliori  risultati non si conoscono in anticipo, e vanno dunque ricercati, acquisiti, consolidati, arricchiti, costruiti, inventati,  fuori da qualsivoglia (pur necessaria)  routine.