Maria Montessori
Profilo biografico - intellettuale
di
Maria Montessori
Maria Montessori nasce a Chiaravalle, in
provincia di Ancona, il 31 agosto 1870 da Alessandro Montessori, discendente da
una nobile famiglia di Bologna e Renilde Stoppani, nipote di Antonio Stoppani.
Nel 1875 la famiglia
Montessori si trasferisce a Roma, dove il padre si reca per motivi di lavoro.
Nel 1876 la Montessori viene iscritta alla prima classe della scuola elementare
di via di San Nicolò da Tolentino [1].
Nel 1883 è iscritta
alla Regia Scuola Tecnica Michelangelo Buonarroti. Al termine del corso della
durata di tre anni, frequenta il Regio Istituto Tecnico Leonardo da Vinci dal
1886 al 1890 [2].
Ottenuto il
certificato di licenza nella sezione fisico-matematica nel 1890, pensa, in un
primo momento, di iscriversi alla facoltà di ingegneria. Ma la facoltà di
medicina sembrava rispondere meglio al suo interesse verso la biologia e il
desiderio di aiutare le persone che soffrono [3].
Nell’impossibilità di
iscriversi alla facoltà di medicina, nel 1890 la Montessori si iscrive al corso
di laurea in scienze naturali della facoltà di scienze matematiche, fisiche e
naturali dell’Università di Roma. Nel 1892 consegue il diploma di licenza [4].
Un anno dopo, nel
1893, viene accettata la richiesta di iscrizione al terzo anno di corso della
facoltà di medicina [5].
Il 10 luglio del 1896
consegue la laurea in medicina con la tesi dal titolo Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto
antagonistico [6].
Dopo il conseguimento
della laurea in medicina, la Montessori è scelta come rappresentante
dell’Italia al Congresso Internazionale delle donne che si tiene a Berlino dal
20 al 23 settembre. I temi affrontati sono la pace, le riforme sociali,
l’educazione e la questione femminile.
Nel suo intervento la
Montessori affronta il problema del lavoro femminile, donne sfruttate e mal
pagate. Per far fronte a questo problema , chiede che venga approvata la
proposta sulla parità salariale tra i due sessi. L’intervento ottiene un grande
successo tra i presenti e sui giornali compaiono foto e interviste della
dottoressa. [7]
Tornata a Roma la
Montessori svolge la sua attività di assistente chirurgico all’ospedale Santo
Spirito.
Nel 1897 è accettata,
con Giuseppe Montesano, come assistente volontaria del professore Ezio
Sciamanna presso la Clinica psichiatrica dell’Università di Roma, fino al 1900.
In questo periodo ha
la possibilità di venire a contatto con illustri scienziati come il De Sanctis
e il Sergi, rivolge, inoltre, la sua
attenzione alle ricerche sul recupero dei bambini idioti approfondendo la
conoscenza dei medici francesi Pinel, Itard e Séguin, iniziatori dei metodi per
l’educazione dei minorati psichici.[8]
Comincia a farsi più
forte l’interesse verso la nascente psichiatri infantile e, molto
probabilmente, fu incoraggiata dallo stesso De Sanctis a costruire i nessi
teorici tra antropologia e pedagogia [9].
Per conoscere meglio Itard e Séguin la Montessori si recò in Francia dove
soggiorna per molto tempo a Bicêtre, presso il Bourneville che ne continuava la
tradizione.
Si recò anche a Londra
per conoscere i trattamenti a cui erano sottoposti i frenastenici e che
seguivano i suggerimenti di Itard e Séguin [10].
In questo periodo la Montessori accentua il
suo interesse verso il recupero dei bambini deficienti adottando integralmente
il Séguin e tenendo presente Itard per quanto riguarda il metodo di
osservazione del bambino, che per la dottoressa è la vera nascita della
pedagogia scientifica [11].
Nel 1897 si svolge a
Torino il Congresso Nazionale di Medicina. In questa occasione la Montessori, a
proposito della delinquenza minorile, accusa la società del mancato interesse
verso i bambini disturbati e
potenzialmente a rischio.
Per la dottoressa è
necessario scoprire le cause della delinquenza al fine di poter svolgere
interventi preventivi [12].
Il problema dei
bambini frenastenici non è solo una questione medica, ma assume una rilevanza
non solo sociale ma soprattutto pedagogica.
Nel 1898 a Torino si
svolse il 1° Congresso pedagogico nazionale dopo l’Unità, dal 8 al 15
settembre.
In quei giorni fu
uccisa Elisabetta d’Austria per mano di un italiano, subito ci furono polemiche
sull’incapacità della scuola di fornire la necessaria formazione morale. A
questo proposito intervenne la Montessori.
Secondo Scocchera la
presenza della Montessori a Torino non è casuale, ma programmata in vista della
presentazione del famoso ordine del giorno, probabilmente voluto e studiato con
il De Sanctis «per acquistare maggiore considerazione verso il Ministro, come suppongo,
e, soprattutto, per dare impulso al nuovo indirizzo della scuola scientifica
romana a proposito dell’handicappato» [13].
Nell’ordine del giorno
la Montessori sottolineava la necessità che la società si occupi di quei
bambini che per speciali caratteri degenerativi non possono trarre beneficio
dalla scuola comune mediante l’istituzione di classi aggiunte nelle scuole
elementari, mentre, per i più gravi, propone la creazione di speciali istituti
medico-pedagogici unito all’esigenza di una preparazione adeguata degli
insegnanti [14].
L’intervento della
Montessori ottenne un grande consenso. Per la prima volta in un Congresso di
insegnanti vi partecipa anche un esponente del mondo scientifico che affronta
il problema scolastico come questione sociale, auspicando un rinnovamento nel
rispetto dei diritti del bambino [15].
L’intervento della
Montessori al Congresso Pedagogico di Torino suscita l’interesse del ministro
Baccelli che le offre l’incarico di tenere un corso di conferenze,
sull’educazione dei bambini frenastenici, alle maestre di Roma. Il corso si
trasforma nella Scuola Magistrale Ortofrenica che la Montessori dirige dal 1900
al 1901.
Nel 1898 la dottoressa
segue il Corso di Perfezionamento in Igiene presso la facoltà di medicina
conseguendo il diploma di ufficiale sanitario [16].
Al Congresso femminile
di Londra è chiamata la Montessori a rappresentare l’Italia. La scelta del
ministro Baccelli è motivata dal fatto che lei rappresenta la donna emancipata
e le tendenze moderate del movimento [17].
Nel gennaio del 1900
il ministro Baccelli le conferisce l’incarico per l’insegnamento di igiene e
antropologia, che la Montessori svolgerà fino al 1907. Nel 1901 la Montessori
partecipa al II Congresso Pedagogico Nazionale di Napoli.
Nel 1902 la dottoressa
si iscrive alla facoltà di Filosofia dell’Università di Roma, è la Montessori
stessa a chiedere di essere ammessa alla fine del quarto anno del corso di
laurea in filosofia dopo aver sostenuto solo gli esami nelle materie
filosofiche, mentre come equipollenti agli altri esami consigliati dalla
facoltà richiede che le siano
riconosciuti i titoli da lei già posseduti [18].
Il ministro e il
consiglio di facoltà danno il loro consenso affinché la Montessori sia ammessa
al 3° anno di Filosofia con dispensa dall’esame di letteratura italiana, ma non
consegue la laurea in filosofia.
Nel 1903 la dottoressa
tiene una conferenza agli studenti della facoltà di filosofia dal titolo L’antropologia pedagogica.
Abbandonata la Scuola
Magistrale Ortofrenica, la Montessori comincia ad occuparsi della pedagogia dei
bambini normali [19].
La pedagogista ottiene
la cattedra di igiene ed antropologia all’Istituto Superiore Femminile di
Magistero e, nel 1904, insegna
antropologia alla facoltà di medicina della regia Università
di Roma [20].
Nel 1906 le viene
affidato dal consiglio direttivo della Scuola Pedagogica di Roma, in seguito al
parere favorevole del Sergi, l’insegnamento di antropologia pedagogica che la
Montessori tiene dall’anno accademico 1906-1907 al 1909-1910 [21].
In questo periodo si inserisce l’attività
dell’Istituto Romano dei Beni Stabili, diretto dall’ingegnere Talamo, che aveva
come progetto l’acquisto di edifici urbani per ristrutturarli. Tra i primi vi
furono alcuni casamenti del quartiere periferico di San Lorenzo che versava in
condizioni di degrado.
Il primo problema da
affrontare è la custodia dei bambini, che l’ingegnere Talamo risolve raccogliendo i bambini dai tre ai sette anni
in una sala del casamento, sotto la custodia di una maestra, proponendo alla Montessori
di organizzare queste scuole.
La prima di queste
scuole viene aperta il 6 gennaio 1907 in via dei Marsi 58, il 7 aprile viene
aperta una seconda scuola sempre nel quartiere di San Lorenzo, il 18 ottobre
1908 si apre una terza scuola nel quartiere operaio dell’Umanitaria a Milano e, il 4 novembre 1908 si apre una
scuola a Roma in via Famagosta ai Prati di Castello [22].
Nel 1908 la
pedagogista partecipa, dal 24 al 30 aprile, al Congresso Nazionale delle donne
italiane a Roma con un intervento dal titolo La morale sessuale nell’educazione [23].
L’attenzione della
Montessori è sempre più rivolta alla nascita delle “Case dei bambini” e, in
questo periodo appaiono due scritti Il metodo per insegnare la scrittura e Come si insegna a leggere e a scrivere nelle
“Case dei bambini” di Roma.
È Leopoldo Franchetti
a consigliare la Montessori di riportare in un libro le esperienze compiute
nelle “Case dei bambini”, nasce così il Metodo
della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei
bambini, pubblicato a Città di Castello.
Poco dopo la
pubblicazione si svolge il primo Corso di Pedagogia Scientifica [24].
La pubblicazione nel
1909 di Il metodo e lo svolgimento
del primo Corso montessoriano a la «Montesca» generano un vivace interesse per
l’esperimento delle Case dei Bambini e l’anno successivo sono organizzati altri
due corsi svolti a Roma; uno, sotto il patrocinio dalla regina Margherita,
presso le Suore Francescane Missionarie di Maria in via Giusti e l’altro,
promosso dal Consiglio Nazionale delle Donne Italiane, presso la scuola
elementare «E. Foà Fusinato». Nel 1911
a Milano la Società Umanitaria organizza un «Corso Magistrale per Educatrici
d’infanzia dirigenti e assistenti in Case dei Bambini». Nel 1914, accogliendo
una proposta della dottoressa, l’Umanitaria organizzerà presso la propria sede
un altro «Corso di cultura e di pratica per le educatrici d’infanzia» che intendono
dirigere le Case dei Bambini [25].
Il maggiore successo Il Metodo lo riscuote all’estero dove a
partire dal 1912 si moltiplicano le pubblicazioni. Molti sono i visitatori
stranieri che fin dal 1910 visitano le
Case dei Bambini e, tornati in patria, divulgano l’esperienza montessoriana.
Contemporaneamente si
costituiscono anche comitati allo scopo di vigilare sulla diffusione del metodo
Montessori.
Nel 1912 nasce a New York il «The Montessori American
Committee» e a Londra la «Montessori Society for the United Kingdom».
Il successo
dell’esperienza delle “Case dei bambini” porta al primo Corso Internazionale
dal 16 gennaio al 15 maggio del 1913 e
si svolge nella residenza della Montessori in via Principessa Clotilde,
vi partecipano 90 iscritte provenienti da varie nazioni.
Un secondo Corso
Internazionale è tenuto dalla Montessori nel 1914 e precisamente dal 23
febbraio al 30 giugno a Castel Sant’Angelo. [26]
Nel 1913 la Montessori
si reca in America per una serie di conferenze.
Qui l’accoglienza che
la pedagogista di Chiaravalle riceve in America è calorosa [27].
L’anno seguente, tiene il II Corso
Internazionale a Castel Sant’Angelo.
Torna in America nella
primavera del 1915 per mostrare il suo lavoro agli educatori e al pubblico che
visita l’Esposizione Internazionale di San Francisco.
Nel Palazzo
dell’educazione, organizzato presso l’esposizione, viene creata una Casa dei
Bambini con pareti in vetro in modo che i visitatori possano osservare gli
allievi senza disturbarli; maestra del gruppo dei bambini è Helen Parkhurst che
aveva già partecipato al I Corso Internazionale [28].
Tra agosto e novembre del 1915, la Montessori
tiene il III Corso Internazionale per la formazione degli insegnanti che
possono osservare i bambini nella classe dimostrativa funzionante nel Palazzo
dell’educazione.
Recatasi a Barcellona,
la Montessori inizia, a metà febbraio del 1916, il IV Corso Internazionale al
quale partecipano insegnanti provenienti da molti paesi dell’America Latina e
durante il quale viene presentato il nuovo materiale per l’insegnamento
dell’aritmetica, della geometria e della grammatica ai bambini aventi più di
sei anni[29].
I risultati positivi
di questo esperimento, frutto di una collaborazione con Donna Maria Maraini
Guerrieri, Anna Fedeli e Anna Maria Maccheroni, vengono raccolti in un libro,
pubblicato nel 1916, dal titolo L’autoeducazione
nelle scuole elementari.
Inoltre nella Casa dei
Bambini della «Maternità» di Barcellona viene allestita una cappella e da
questa esperienza la Montessori trarrà spunto per un approfondimento del
rapporto tra pedagogia scientifica ed educazione religiosa che darà luogo,
negli anni successivi, ad alcune pubblicazioni specifiche[30].
Nel 1916 la Montessori
si reca in America dove permane sino ai primi mesi dell’anno successivo.
Durante questo soggiorno interviene presso la «Child Education Foundation», ma
non compie alcun tour di conferenze. Nella primavera del 1917 la Montessori
arriva a Los Angeles dove tiene un corso per la formazione degli insegnanti.
Durante il permanenza
nella città californiana la pedagogista inizia una campagna sociale per la
creazione della «Croce Bianca» dei bambini, parallela alla «Croce Rossa» per i
soldati feriti in guerra. Il progetto vuole formare gli insegnanti in grado di
lavorare con bambini che in seguito alla guerra hanno subito traumi fisici o
psichici. Il piano, però, non sarà mai realizzato.
Sempre nel 1917, la
Montessori è invitata in Olanda per tenere una conferenza presso la «Società
Pedagogica» di Amsterdam.
Nel 1918 nasce a
Napoli la «Società Amici del metodo Montessori» per la creazione un centro di
studi pedagogici e di organizzare le istituzioni montessoriane [31].
Nel 1918 la Montessori
è ricevuta dal papa Benedetto XV, in questa occasione riceve la benedizione che
renderà nota solo sei anni più tardi, nel 1926, nell’Introduzione alla terza edizione di Il metodo.
Nel 1919 è a Londra,
dove, nel periodo settembre-dicembre, tiene un corso internazionale per la
formazione degli insegnanti.
Al termine del gennaio
del 1920 la pedagogista si reca in Olanda, in quanto è invitata dall’Università
di Amsterdam a svolgere tre conferenze durante le quali affronta il tema
dell’estensione del metodo alla scuola elementare e secondaria.
Lasciata l’Olanda, la
Montessori si reca prima a Parigi e
riceve gli onori della Sorbona; successivamente torna in Italia per far ritorno
poi a Barcellona.
La città catalana è
infatti dal 1914, non solo la località in cui la pedagogista risiede, ma anche
il centro dei suoi studi, grazie agli aiuti che le erano stati offerti dalle
autorità locali [32].
Nel 1922 la
Montessori, su invito del ministro della pubblica istruzione Anile, si trova a
Napoli, dove svolge alcune conferenze e nel dicembre dello stesso anno progetta
una serie di corsi annuali da tenere sempre nella città partenopea sotto il
patrocinio del Comune, del Ministero della Pubblica Istruzione e della «Società
Amici del metodo Montessori»; il primo corso è svolto nella primavera
del 1923. La Montessori, in questo anno, prosegue nella sua attività di
formazione degli insegnanti che si svolge con i corsi di Londra ed Amsterdam.
Nel 1923, inoltre,
riceve il Dottorato Honoris Causa all’Università di Durham e tiene una serie di
conferenze a Bruxelles che sono raccolte nel libro Il bambino in famiglia[33].
Tra il 1924-1926 la
Montessori continua i suoi viaggi in Europa recandosi in Olanda, Germania,
Francia e nel 1924, per dare maggior forza e coesione alle tante esperienze che
si ispiravano alla sua attività, fonda il periodico dal titolo «The Call of
Education, Psycho-Pedagogical Journal International Organ of the Montessori
Moviment» [34]
In Italia il governo
di Gentile prima e di Mussolini poi, mostra interesse per il lavoro della
Montessori fornendole il proprio supporto. Per la pedagogista era stato sempre
importante poter contare sull’aiuto delle autorità politiche dei paesi in cui
aveva organizzato il suo lavoro, dato che non tutto poteva essere predisposto
dai singoli privati, anche se motivati.
Per questo motivo la
Montessori cerca un dialogo con il governo italiano accettandone gli aiuti per
il forte desiderio di realizzare nel paese, dove il metodo aveva avuto origine,
delle strutture stabili.
I rapporti con il
governo fascista comunque non debbono esser stati facili, considerando il
desiderio di autonomia che aveva sempre contraddistinto il lavoro della nostra
studiosa; l’atteggiamento critico e guardingo verso eventuali contaminazioni
del metodo, e l’esperienza ormai mondiale che la conduceva a studiare lo
sviluppo psichico del bambino nuovo.
Se la Montessori
guarda al governo italiano come fonte di sostegno per l’opera di diffusione
delle “Case dei bambini”, nell’atteggiamento disponibile del governo
fascista vi è il tentativo di poter avvalersi della notorietà che la Montessori
aveva raggiunto all’estero ricavandone prestigio per il governo italiano.
Di fatto tra i
principi di ordine, disciplina, propri dell’ideologia fascista, e l’ordine e la
disciplina interiori frutto della spontanea e libera attività del bambino nelle
scuole Montessori, non vi era alcuna possibile convergenza. Con il passare
degli anni le divergenze si faranno sempre più inconciliabili e la Montessori
nel 1934 decide di lasciare l’Italia [35].
Prima di lasciare
l’Italia la Montessori lavora ad alcune importanti iniziative come il Corso
Nazionale Montessori svolto a Milano
nel 1926 e la pubblicazione, sempre nello stesso anno, della terza edizione di Il metodo.
Il testo è preceduto
da una Introduzione, assente nelle precedenti edizioni, in cui la Montessori
rende pubblica la Benedizione di Benedetto XV che riapriva, così, il dialogo
con i cattolici [36].
Nel 1927 appare la
prima rivista montessoriana dal titolo «L’Idea Montessori»,, mentre nell’agosto del 1929 è fondata
dalla Montessori e da suo figlio l’Associazione Internazionale Montessori
(AMI), con sede prima a Berlino e, dopo il 1935, ad Amsterdam. Scopo
dell’associazione è quello di organizzare scuole e corsi Montessori, oltre che
di esercitare un controllo sui diritti delle pubblicazioni e sulla
fabbricazione dei materiali didattici.
Nel 1930 la Montessori è a Roma, dove da
gennaio a luglio svolge il XV Corso Internazionale concluso il quale si reca a
Barcellona. È di nuovo a Roma nel 1931 per il XVI Corso Internazionale, tenuto
nello stesso periodo di quello dell’anno precedente.
Nell’aprile del 1931
la pedagogista svolge una conferenza, dal titolo Il compito preciso del nuovo maestro, presso l’Università di Parigi
in occasione del Congresso dell’Éducation Novelle, mentre da settembre a
gennaio è a Londra per il XVII Corso Internazionale. Durante il soggiorno
londinese incontra Gandhi che si recherà poi a Roma a visitare la Scuola di
metodo.
Sempre nel 1931 appare
in Italia la seconda rivista montessoriana dal titolo «Montessori» [37].
Nel 1932 la Montessori
svolge alcune conferenze nelle Università di Ginevra, Losanna, Zurigo e
interviene al Club Internazionale della Società delle Nazioni e alla Lega
Internazionale delle donne per la Pace e la Libertà.
Dal 30 luglio al 12
agosto del 1932 la pedagogista è presente, a Nizza, al II Congresso
Internazionale Montessori, che si
svolge contemporaneamente a quello della New Education Felloship.
L’anno seguente, ad
Amsterdam dal 9 luglio all’ 8 agosto del 1933, si svolge il III Congresso
Internazionale Montessori che è preceduto dal XVIII Corso Internazionale tenuto
a Barcellona da febbraio a giugno e seguito dal XIX Corso che si svolge a
Londra. Contemporaneamente al corso londinese ne inizia un altro in
Irlanda per le iscritte che non potevano recarsi nella capitale inglese. Al
corso organizzato a Dublino sono presentate le medesime conferenze tenute a
Londra e la Montessori si reca, terminato il corso inglese, in Irlanda, per
presiedere agli esami delle allieve; in questa occasione è anche fondato il
ramo irlandese dell’AMI.
Nel 1934 a Roma dal 3
al 10 aprile è organizzato il IV Congresso Internazionale Montessori dopo il quale Montessori si reca ad
Amsterdam per alcune conferenze e da settembre a dicembre a Londra per il XXI
Corso Internazionale.
Il 1934 è l’anno in
cui la Montessori lascia l’Italia e si reca a Barcellona dove rimane sino allo
scoppio, nel 1936, della guerra civile.
In seguito
all’aggravarsi della situazione politica spagnola, la Montessori abbandona
Barcellona alla volta di Londra, dove giunge per il V Congresso Internazionale
Montessori che si svolge nell’agosto del 1936 a Oxford. La pedagogista rimane
in Inghilterra per poco tempo in quanto, nello stesso anno, si sposta con la
sua famiglia in Olanda, ad Amsterdam. Nell’agosto del 1937 si svolge a
Copenaghen il VI Congresso Internazionale Montessori sul tema «Educate per la
Pace».
Al termine del
congresso la pedagogista propone la fondazione del Partito Sociale del Bambino
e di un Ministero per l’Infanzia, al fine di poter difendere i diritti dei
bambini presso i parlamenti di tutte le nazioni.
Nell’estate del 1938
la Montessori è a Edimburgo per il VII Congresso Internazionale Montessori e
poi di nuovo ad Amsterdam per un corso[38].
Nel 1939 la
pedagogista svolge una conferenza a Londra presso il World Felloswip of Faiths, in cui comincia a delinearsi il Piano
Cosmico.
Nell’ottobre del 1939
la Montessori parte infatti alla volta del paese asiatico, dopo che nel 1938
aveva ricevuto un invito a recarvisi da parte di Sydney Arundale, presidente
della Società Teosofica, che aveva incontrato la Montessori durante un sua
permanenza in Olanda.
In India il lavoro
della studiosa era conosciuto sin dal 1913, quando al I Corso Internazionale
Montessori era stato presente anche uno studente indiano e negli anni
successivi Case dei Bambini erano state istituite nel paese asiatico, come le
stesse riviste montessoriane riportano.
Inizialmente la
Montessori doveva fermarsi in India solo per alcuni mesi, quelli richiesti
dalla conduzione di un corso per la formazione di insegnanti, poi, in seguito
anche allo scoppio della seconda guerra mondiale, vi rimane per sette anni.
Risiede a Adyar, vicino Madras, presso la sede mondiale della Società
Teosofica, dove a partire dal 1940, in seguito all’entrata in guerra
dell’Italia, la Montessori vive in una condizione di internamento.
Per sfuggire al clima
monsonico le è poi concesso dal governo inglese di trascorrere i mesi estivi
nelle località collinari di Ooty e Kodaikanal.
Oltre al corso per gli
insegnanti tenuto presso le sedi della Società Teosofica a Madras e a
Kodaikanal, la Montessori tiene alcuni corsi anche in altre località
dell’India; corsi che sono frequentati sia dai figli degli indigeni sia da
coloro che provengono da famiglie inglesi, tutti vivendo armoniosamente insieme
[39].
Con la fine della
seconda guerra mondiale la Montessori inizia a progettare il ritorno in Europa
che si realizza il 30 luglio del 1946 con il suo arrivo in Olanda.
Nell’agosto del 1946 è
a Londra per svolgere un corso, il primo dopo la fine della seconda guerra
mondiale, durante il quale presenta le ricerche e le sperimentazioni svolte
negli anni trascorsi in India.
Nel dicembre è a
Edimburgo, dove viene nominata socio onorario dell’Educational Institute of
Scotland.
L’anno successivo, in
seguito ad un invito del governo italiano, la Montessori torna nel suo paese
natale dopo tredici anni e partecipa alla riorganizzazione dell’Opera
Montessori e delle scuole montessoriane.
Durante il suo
soggiorno italiano è ricevuta con tutti gli onori dall’Assemblea Costituente.
Instancabile
viaggiatrice nell’agosto del 1947 torna in India e rimane per circa due anni,
durante i quali prosegue l’attività di diffusione della sua opera con
conferenze e corsi di formazione a Adyar, Poona ed altre località dell’India e
del Pakistan.
Nel 1948 la
pedagogista marchigiana tiene un corso per la formazione di insegnanti a
Ahmedabab, nello stato di Gujarat. È poi presente a due corsi a Adyar e a un
terzo organizzato a Poona, città vicino a Bombay.
Nell’aprile del 1949
la studiosa si reca in Pakistan per lo svolgimento del primo corso Montessori
pakistano e durante il suo soggiorno è anche fondata la Montessori Pakistan
Association.
Tornata in India
partecipa al congresso Montessori di Pilani e organizza il viaggio per recarsi
nuovamente in Europa. Infatti in agosto è a San Remo per i lavori dell’VIII
Congresso Internazionale Montessori, il primo dopo la fine delle seconda guerra
mondiale, e che raccoglie la partecipazione di persone provenienti da molti
paesi.
Sempre nel 1949, in
dicembre, la nostra studiosa è a Parigi dove riceve dal rettore della Sorbona,
in rappresentanza del governo francese, la croce della Legion d’onore, per il
contributo dato al rinnovamento dell’educazione.
Nel 1949 la
pedagogista di Chiaravalle è candidata al premio Nobel per la pace; così sarà
per i due anni successivi, ma nonostante la candidatura sia sostenuta da molti
paesi, il premio non le viene assegnato.
Nei primi mesi
dell’anno seguente svolge alcune conferenze nei paesi scandinavi e poi a
Innsbruck. Inoltre in giugno partecipa, come membro della delegazione italiana,
alla Va sessione internazionale dell’UNESCO, mentre in estate si
reca a Perugia per il XXIX corso internazionale, organizzato presso
l’università italiana per stranieri. In questa occasione è nominata direttrice
del centro Internazionale Montessori di Perugia.
Un altro importante
riconoscimento le viene attribuito ad Amsterdam, dove il 18 settembre il
ministro dell’educazione la insignisce dell’ordine di Orange Nassaue e
l’università di quella città le conferisce la laurea honoris causa in lettere e filosofia. Inoltre la Montessori riceve
anche il premio mondiale Pestalozzi dalla «Fondazione Svizzera Pestalozzi» [40].
Nel 1951, al termine
ormai della sua lunga e intesa esistenza, la Montessori presiede l’VIII
Congresso Internazionale che si svolge a Londra sul tema «L’educazione come
aiuto allo sviluppo naturale della psiche, dalla nascita all’università». Si
reca poi a Roma per tenere un corso e altre città italiane Perugia, Ancona e
Milano, la nominano loro cittadina onoraria.
All’età di 82 anni
quando sta pensando alla possibilità dell’ennesimo viaggio che la dovrebbe
condurre in Ghana, a seguito di un invito del governo di quel paese che
richiede il suo aiuto per la formazione del corpo insegnante, Maria Montessori
muore il 6 maggio 1952 a Noordwijk aan Zee, in Olanda [41].
Le Opere, il metodo
1. L’ambiente
Scrive la Montessori
in La mente del bambino (1952)«Chi si
proponga di aiutare lo sviluppo psichico del bambino, deve partire dal fatto
che la mente assorbente del bambino si orienta sull’ambiente; e, specialmente
agli inizi della vita deve prendere speciali precauzioni affinché l’ambiente
offra interesse e attrattive questa mente che deve nutrirsene per la propria
costruzione» [42]
Il bambino assorbe
tutto ciò che lo circonda, in questo modo si adatta all’ambiente: fa suo il
linguaggio, i costumi del luogo in cui vive, è il bambino stesso che cerca le
impressioni che provengono dall’ambiente e diventano parte integrante della sua
psiche, «assorbe l’ambiente e si trasforma in armonia con esso [...] costruisce
se stesso per mezzo delle impressioni che riceve»[43]
Tutto ciò che è
assorbito dal bambino è fissato per sempre nel subcosciente dell’uomo, forma il
carattere della persona, il bambino costruisce, in questo modo, la sua psiche a
spese dell’ambiente. Compito dell’adulto è facilitare questo assorbimento e ciò
è possibile solo preparando un ambiente confortevole fin dalla nascita.
2. Il neonato.
Per la Montessori il bambino ha bisogno di cure
particolari fin dalla nascita: deve essere riscaldato dall’ambiente e non da
pesanti e scomodi vestiti che
rappresentano un ostacolo tra il calore e il corpo.
Poca luce, pochi
rumori, bisogna evitare di trasportare il neonato con le mani, ma è opportuno
usare un sostegno leggero e cedevole (usato anche per i malati), in modo tale
da conservare una posizione del corpo simile a quella prenatale.
Si legge in Il segreto dell’infanzia (1938) «In che
modo l’adulto va incontro a lui, che
viene dal nulla ?» [44].
La Montessori partendo
dalle descrizioni dei costumi di altre popolazioni riportate dagli etnologi, ha
notato come le madri abbiano sempre trovato il modo di tenere sempre con sé i
propri figli, anche durante il lavoro, e, altra constatazione molto importante
per la Montessori, nelle foto che documentano le abitudini di questi popoli,
nessun bambino piangeva: come se il pianto fosse un problema dei paesi occidentali.
Per alcuni
psicologi queste crisi di pianto sono
dovute all’inedia mentale: il bambino, come la stessa Montessori afferma, è «mentalmente denutrito, tenuto prigioniero
in un campo d’azione limitato e pieno di ostacoli all’esercizio delle sue facoltà»
[45]
La psicoanalisi scoprì
che le origini delle psicosi degli adulti era da ricercarsi nell’infanzia: le
sofferenze erano di carattere psichico, lente, costanti e davano luogo ad una personalità adulta malata, tali sofferenze
erano causate da una repressione dell’attività spontanea del bambino da parte
degli adulti, prima i genitori, soprattutto la madre che ha maggior influenza
sul bambino, poi il maestro e la società in genere.
Il bambino,
soprattutto appena nato, è costretto nella culla, è immobile, ma non per questo
è passivo, come si credeva in passato, anzi è un attivo ricercatore
dell’ambiente, è attivo con i sensi, come più volte sottolinea la Montessori.
Preparare un ambiente
adatto significa prendersi cura di tutto ciò che circonda il bambino; per
adattarsi all’ambiente, quindi imparare il linguaggio e le usanze del luogo in
cui si vive, dovrà “vivere” fra la
gente che parla, e non isolato in stanze riservate ai bambini, affidato alle
cure di una bambinaia.
Le condizioni dei
bambini finivano con l’essere peggiori nelle famiglie ricche, mentre presso le
famiglie povere le madri tengono sempre
con sé i figli. Il bambino deve vivere
in mezzo a noi perché possa sentirci parlare, «anche se non afferra
coscientemente quello che è intorno a sé, egli ne riporterà un’impressione
subcosciente, l’assorbirà e questo l’aiuterà nella crescita» [46].
Non sono sufficienti
le singole parole che la madre rivolge al figlio, il bambino ha bisogno di
ascoltare il dialogo degli adulti, «è la parola viva nel pensiero e resa chiara
dagli atti» [47].
Così il comportamento
dei genitori nei confronti dei figli che in molti popoli è naturale da noi deve
essere applicato dietro ragionamento.
Dobbiamo osservare il
bambino e, facendo attenzione a tutto ciò che suscita il suo interesse,
dobbiamo porci al suo servizio; questo concetto è una rivoluzione rispetto al
passato, se il bambino costruisce un adattamento all’ambiente, deve vivere a
contatto con esso.
2. L’intelligenza.
Il bambino non è una
“cosa” passiva in balia dell’ambiente, non è un “vaso” vuoto da riempire e
modellare secondo i desideri degli adulti. Durante il periodo “sensitivo”, che
dura fino all’età di cinque anni, il bambino ha la straordinaria capacità di
impadronirsi delle immagini dell’ambiente, assorbe le immagini per mezzo dei
sensi.
Prima dei cinque anni
c’è la creazione delle funzioni a livello inconscio, a tre anni si diventa
coscienti, dopo i tre anni si sviluppano le funzioni create.
Il periodo fra i tre e
i sei anni è di perfezionamento: l’assorbimento dell’ambiente permane ma viene
aiutato dall’esperienza diretta; se prima assorbiva l’ambiente con i sensi, ora
la “mano” ha un ruolo fondamentale, non è semplicemente vivendo che si sviluppa
la psiche, ma attraverso l’attività spontanea.
L’attività della mano
da istintiva diventa intenzionale, è spinta dal desiderio, il bambino comincia
ad agire: «la mano [...] permette all’intelligenza non solo di manifestarsi, ma
di entrare in rapporti speciali con l’ambiente: l’uomo si può dire prende
possesso del suo ambiente con la sua mano e lo trasforma sulla guida
dell’intelligenza» [48].
A un anno e mezzo si
stabilisce il rapporto fra l’uso della mano e il camminare, il bambino si avvia
verso l’indipendenza, non deve più dipendere dall’adulto per ogni suo bisogno,
ma è in grado di fare da sé.
A questo punto,
comincia a manifestare il suo interesse verso le cose che lo circondano, il
bambino ha bisogno di toccare gli oggetti presenti nel suo ambiente familiare,
vorrebbe usarli così come ha visto fare ai suoi genitori: semplici azioni come
lavarsi, vestirsi, suscitano un grande entusiasmo nel bambino.
Il desiderio di
imitare i genitori non è fine a se stesso, non è un’imitazione senza senso.
La Montessori fa, a questo proposito, il paragone con l’apprendimento
del linguaggio (a lei molto gradito perché è in grado di chiarire il concetto
di assorbimento) «quando dice una
parola, la dice perché l’ha imparata sentendola dire, la trattiene
presente nella memoria. Però la usa secondo il proprio bisogno del momento» [49].
Così il bambino quando
vuole agire, fa qualcosa che conosce, che ha visto fare in precedenza, che ha
immagazzinato nella memoria fin quando non sentirà il bisogno di ripeterla.
Prima di compiere
un’azione che ha visto fare, comincia ad agire con degli scopi suoi, che a noi
sembrano incomprensibili come, ad esempio, prendere uno per volta i tovaglioli
dalla tavola e metterli con cura sul pavimento per poi rimetterli sul tavolo,
oppure aprire e chiudere uno sportello. Sono tutte azioni che la Montessori
paragona al primo balbettio: prima solo
suoni poi la sillabe infine le parole.
Queste attività che
per gli adulti hanno un significato oscuro, sono in realtà degli esercizi che
servono a coordinare i movimenti: «prima il bambino deve preparare se stesso e
i propri strumenti, poi deve rafforzarsi, quindi osservare gli altri e infine
cominciare a fare qualcosa » [50].
L’imitazione si
osserva solo se non è ostacolato dagli adulti ma è libero di agire «l’adulto
che non ha compreso ancora
l’attività della
mano infantile come un bisogno vitale e non vi riconosce la prima
manifestazione di un istinto del lavoro, impedisce al bambino di lavorare» [51].
Gli adulti quando
agiscono lo fanno secondo la legge del minor sforzo: arrivare diretti al fine,
ma per i bambini accade proprio il contrario: agiscono secondo la legge del
massimo sforzo, compiono le loro azioni con movimenti che per noi sono lenti e
spesso inutili.
Così accade che
l’adulto interviene sostituendosi al bambino credendo di aiutarlo «diventando -
invece - il più possente ostacolo allo svolgimento della sua vita [...] questo
aiuto inutile dato al bambino, è la prima radice di tutte le repressioni e
perciò dei danni più pericolosi che l’individuo adulto può arrecare al bambino»
[52]
Il bambino ha i suoi
ritmi e i suoi bisogni psichici, gli adulti se vogliono aiutalo devono
adeguarsi.
Per il bambino ciò che
conta non è semplicemente imitare un’azione «lo sforzo non mira all’imitazione,
ma a creare in se stessi la possibilità di imitare» [53]
Lo scopo di un’azione
è lo sforzo compiuto: ripetere un esercizio molte volte finché il bambino non
sarà soddisfatto.
In un primo momento
c’è la preparazione all’imitazione: ripetere l’esercizio per esercitarsi a
coordinare i movimenti, tutto questo avviene per uno stimolo interno, quando
sarà pronto, le azioni dell’adulto
saranno lo stimolo esterno a fare altrettanto, se vedrà compiere un certo
lavoro, avrà il desiderio di farlo anche lui.
Il problema che si
pone a questo punto è il seguente: nell’ambiente familiare il bambino non ha la
possibilità di usare gli oggetti che vede, perché i genitori lo vietano.
Per questo motivo i
bambini hanno bisogno di un ambiente speciale in cui siano messi a disposizione
tutti gli oggetti che desiderano usare.
Lo sviluppo
dell’abilità della mano va di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza
«l’intelligenza del bambino raggiunge un certo livello senza l’uso della mano,
con l’attività manuale egli raggiunge un livello più alto, ed il bambino che si
è servito delle proprie mani ha un
carattere più forte» [54]
.
«Il movimento non è
soltanto espressione dell’io, ma fattore indispensabile per la costruzione
della coscienza, essendo l’unico mezzo tangibile che pone l’io il relazioni ben
determinate con la realtà esterna. Perciò il movimento è un fattore essenziale
per la costruzione della intelligenza, che si alimenta e vive di acquisizioni
ottenute dall’ambiente esteriore» [55].
3. Le
“Case dei bambini”.
L’ambiente familiare
non è adatto per il bambino «è piuttosto un cumulo di ostacoli tra i quali egli
sviluppa difese, adattamenti deformati, dove resta vittima di suggestioni» [56],
così il vero bambino resta nascosto, occorre liberare le manifestazioni
infantili, questo si può fare solo se si interviene sull’ambiente: ridurre al
minimo gli ostacoli e offrire motivi di attività spontanea.
Il merito delle Case
dei bambini fu quello di porre il bambino in un ambiente fatto su misura:
mobilio proporzionato alla statura dei bambini, avendo cura anche dell’aspetto
estetico delle aule per diffondere nell’ambiente anche il gusto per le cose
belle.
Durante le prime
esperienze, furono i bambini stessi a indicare il materiale adatto ai loro bisogni, mostrando di preferire alcuni
oggetti rispetto ad altri, la Montessori si stupì nel vedere i bambini
trascurare i giocattoli se hanno a disposizione altro materiale che stimola
maggiormente il loro interesse.
Lasciati liberi di
fare, in questo nuovo ambiente, mostravano un comportamento diverso rispetto ai
loro coetanei, furono proprio i bambini a dettare il nuovo metodo di educazione
che andò via via perfezionandosi nel corso delle osservazioni.
Dalle varie
esperienze, la Montessori giunse alla conclusione che la chiave per comprendere
il nuovo bambino che aveva davanti ai suoi occhi era l’ambiente che circonda il
bambino fin dalla nascita.
Si scoprì che il
bambino è in grado di acquistare la cultura, anche prima di quanto si possa
immaginare, soltanto con la propria attività spontanea, quando mostra ancora
una sensibilità verso l’ambiente; durante questo periodo, che termina verso i
cinque anni, è possibile apprendere la cultura con entusiasmo.
Molte osservazioni
fatte nelle “Case dei bambini” contrastavano con l’idea che si aveva del
bambino.
Il bambino non è
attratto solo dall’oggetto in sé, ma soprattutto dal modo esatto di
maneggiarlo, è infatti l’esattezza che lo trattiene nel lavoro; quando il
bambino lavora con interesse, ripete molte volte l’esercizio anche quando lo sa
fare correttamente, questa «è la prova che il proposito esterno è soltanto uno
stimolo. Perché il vero scopo viene da spinte interne; il proposito diventa
formativo, cioè con la ripetizione dell’esercizio il bambino stabilisce la
coordinazione dei movimenti» [57],
acquista così delle abilità necessarie per un ulteriore sviluppo.
Imitare diventa una
ispirazione per un lavoro costruttivo.
Il
periodo più importante per la formazione del carattere è da zero a sei anni.
A
questa età il bambino non può essere influenzato dall’esterno, non è cosciente
del bene e del male, è la natura stessa che lo guida.
Da sei
a dodici anni, il bambino è cosciente, sa cosa è il bene e il male ed è in
grado di ascoltare gli adulti.
Il
carattere del bambino è diverso a seconda del periodo di sviluppo, ma ognuno ha
la sua importanza perché pone le fondamenta al successivo: «perché si possa
sviluppare normalmente nel secondo periodo, bisogna essersi bene sviluppati nel primo» [58].
Se
durante i primi tre anni di vita il bambino ha subito dei traumi o incontrato
ostacoli alla sua attività spontanea, possono presentarsi delle deviazioni del
carattere, che potranno essere corrette nel periodo dai tre ai sei anni.
Occorre
però un ambiente adatto perché, se questi difetti non sono individuati e
corretti in tempo, possono peggiorare e avere delle influenze negative sullo
sviluppo dell’intelligenza.
Come
spesso è accaduto nelle Case dei bambini il bambino che vi entra per la prima
volta presenta delle caratteristiche che non erano sue, ma il risultato di
circostanze sfavorevoli, era privo di carattere e aveva difficoltà di
apprendimento.
Per
questo motivo nelle Case dei bambini si cerca di conoscere la situazione
familiare del bambino per sapere come intervenire.
La Montessori distingue le deviazioni più
comuni in difetti dei “bambini forti” e difetti dei “bambini deboli”.
La prima categoria comprende capricci
violenti, sono disubbidienti, egoisti, invidiosi, fanno chiasso, sono cattivi
con i compagni e con gli animali.
Nella
seconda categoria, invece, le deviazioni sono caratterizzate
dall’indolenza e inezia, usano spesso
il pianto come arma per ottenere ciò che vogliono, sono paurosi e si difendono
con le bugie.
Questi
difetti del carattere, sono causati da un trattamento sbagliato del bambino
durante il primo periodo, «quando i bambini sono stati in questo periodo
trascurati, la loro mente è vuota perché non si è dato loro la possibilità di
costruirla» [59].
Il
successo delle “Case dei bambini” sta nel fatto che, grazie al suo metodo,
questi difetti spariscono quando i bambini sono messi nelle condizioni di fare
le loro esperienze: il disordinato diventa ordinato, il bambino passivo diventa
attivo, la causa di questi mali era la mancanza di “cibo mentale” «né minacce
né lusinghe saranno necessarie, ma solo condizioni normali di vita» [60].
Questo
cambiamento avviene perché i bambini si interessano di un lavoro che li attrae,
che dà loro serenità e gioia, la mente dirige la mano nel lavoro, tutte le
energie si concentrano sul lavoro da eseguire. In questo modo le deviazioni
spariscono e appare un bambino nuovo: questo fenomeno è chiamato “normalizzazione”.
Il segreto sta nel preparare un
ambiente che stimoli
l’attività, bambino, un ambiente in cui il bambino è lasciato libero di
scegliere il lavoro che meglio risponde ai suoi bisogni del momento, senza
sentire il costante controllo degli adulti.
Il
bambino deve essere libero di agire, ma ciò non significa fargli fare tutto
quello che vuole, in questo modo le
deviazioni persistono: «la normalizzazione avviene dalla concentrazione in un
lavoro» [61].
E’
necessario insegnare il modo corretto di usare il materiale: «che gli oggetti
vengano usati secondo lo scopo a cui furono costruiti, ciò che porta ad un
ordine; e ancora, che siano usati esattamente, ciò che porta alla coordinazione
dei movimenti» [62]. Ordine
materiale e coordinazione portano alla concentrazione.
Una
volta guariti, con la libertà di agire si consolida e si sviluppa la
personalità.
Un
lavoro interessante, che abbia la capacità di concentrare, aumenta la
padronanza di se stessi. Per questo motivo è importante organizzare un ambiente
di interessi progressivi per soddisfare i bisogni dei bambini, affinché possano
agire indisturbati: «il bambino che compie le sue esperienze in un ambiente
preparato si perfeziona, ma gli è indispensabile un materiale di lavoro
speciale. Una volta raggiunta la concentrazione, egli potrà mantenerla
attraverso ogni specie di attività, più sarà attivo il bambino e meno lo sarà
l’insegnante finché questi verrà a porsi quasi in disparte l’insegnante, finché
questi verrà a porsi quasi in disparte» [63].
Il
rapporto insegnante-bambino è diverso in queste scuole: la maestra non deve
lodare, punire o correggere gli errori.
Il
bambino non deve agire spinto da questi stimoli esterni: solo l’esercizio può
migliorare e correggere gli errori; anche per quanto riguarda la disciplina, i
bambini turbolenti si calmano lavorando in società con i compagni, «correzione
e perfezionamento vengono soltanto quando il bimbo può esercitarsi a volontà
per lungo tempo» [64].
Nelle
“Case dei Bambini”, grazie al materiale speciale, ogni bambino sa quando
sbaglia e può correggersi, questo perché il materiale ha la particolarità di
offrire un controllo dell’errore molto visibile, come ad es. gli esercizi con
gli incastri solidi, per cui un bambino anche piccolo si rende conto da sé se
l’esercizio non è stato eseguito correttamente e può così ripeterlo finché non
si perfeziona.
Anche
negli esercizi di aritmetica il bambino ha la possibilità di fare la verifica
delle operazioni per controllare da sé il lavoro svolto.Nelle scuole normali il
bambino sbaglia con indifferenza perché sa che è compito della maestra
correggere gli errori.
È
molto importante per lo sviluppo del carattere rendersi conto che è possibile
sbagliare, ma che si è in grado di controllare l’errore senza aiuto: se c’è una
cosa che rende il carattere indeciso è il dover ricorre sempre all’aiuto degli
altri ogni volta che si è in difficoltà, si perde la fiducia in se stessi.
Bisogna
aiutare i bambini ad essere indipendenti, a non ricorrere sempre all’aiuto dei
grandi, ad essere autosufficienti nella vita. Nell’opera La scoperta del bambino (1950) si legge «L’uomo che agisce da sé,
che impiega la sua forza nelle proprie azioni, conquista se stesso, aumenta le
sue facoltà, e si perfeziona» [65].
4. L’insegnante montessoriana
Lo
scopo della maestra non è più quello di trasmettere cognizioni, né che il
bambino sappia usare il materiale, altrimenti non sarebbe un materiale speciale
se richiedesse sempre la presenza della maestra che aiuta e corregge.
Il
materiale non è un mezzo a disposizione dell’insegnante per svolgere il suo
compito. Gli oggetti diventano ora la cosa principale, ed essendo il bambino a
usarli, diventa l’entità attiva della scuola e non la maestra.
All’insegnante
spetta un compito ben più importante che nel passato, le funzioni sono ora
sorvegliare i bambini e impartire lezioni individuali, sono due mezzi con cui
l’insegnante può aiutare lo sviluppo del bambino, deve aiutare lo spirito
dell’uomo a liberarsi.
La
maggior soddisfazione dell’insegnante è vedere che i bambini lavorano da soli,
consapevoli di aver aiutato l’umanità in questo periodo così importante della
sua formazione.
La
maestra è il punto di collegamento tra il materiale e il bambino, deve mostrare
come viene usato un oggetto «i bambini si rinforzano, diventano individualità
di robusto carattere, di profonda disciplina e acquistano una salute interiore
che è appunto il brillante risultato della liberazione dell’anima» [66].
L’insegnante
deve sapere cosa spetta a lei e cosa spetta al materiale, è una preparazione
difficile, non basta solo la teoria, ma occorre molta esperienza.
Deve
conoscere molto bene il materiale perché sarà lei a scegliere in un primo
momento il materiale didattico adatto e porgerlo al bambino in modo chiaro e
nei minimi particolari, così da suscitare un interesse profondo nel bambino:
dovrà disporre sul tavolo solo il materiale che desidera presentare, eseguendo
lei stessa alcune volte l’esercizio, dovrà farlo in modo vivace per richiamare
l’attenzione.
Avrà
davanti a sé personalità diverse, e dovrà essere in grado di saper scegliere il
materiale adatto per ciascun bambino. La maestra è una guida, deve impedire
perdite di energia, raddrizzare eventuali squilibri «Con i nostri metodi la maestra insegna poco, osserva molto, e,
soprattutto, ha la funzione di dirigere le attività psichiche dei bambini e il
loro sviluppo fisiologico. Perciò ho cambiato il nome di maestra con quello di
direttrice» [67].
La
guida è compito della maestra, l’esercizio è opera del bambino.
All’insegnante
spetta indicare la via della perfezione, fornire i materiali adatti, rimuovendo
gli ostacoli, evitando di essere un ostacolo, infatti deve sapere quando
intervenire e quando ritirarsi.
I
bambini, a tre anni, quando entrano in queste scuole presentano spesso un
comportamento che è il risultato di repressioni.
L’insegnante
deve essere in grado di distinguere un comportamento normale da un
comportamento deviato perché questo è il punto di partenza della sua opera.
Se vi
sono dei bambini che molestano gli altri, la maestra deve intervenire perché in
questo caso non si tratta di interrompere un’azione che porta allo sviluppo del
carattere, ma, al contrario disturba tale processo.
Si
potrà interrompere con una esclamazione o prestando maggior interesse verso
questi bambini turbolenti impiegandoli in qualche attività che risvegli il loro
interesse: bisogna evitare che la mente vaghi senza guidare la mano in un
lavoro costruttivo, l’insegnante dovrà richiamare l’attenzione su azioni
concrete, attraenti come apparecchiare la tavola o altro.
La
maestra deve avere molta cura per l’ambiente, perché è da qui che si avrà la
guarigione, dovrà renderlo attraente, pulito, il materiale in ordine e pronto
per l’uso, anche l’aspetto della maestra è importante: pulizia, ordine,
serenità, armonia nei movimenti, come dice la Montessori, “deve sedurre il
bambino”.
I
primi esercizi da compiere sono quelli di vita pratica, perché più familiari al
bambino, non è ancora il momento di usare il materiale «l’insegnante ha davanti
a sé un bimbo che, per così dire, non esiste ancora.
Questa
è la differenza principale. Le insegnanti che vengono nelle nostre scuole devono avere una specie di fede che il
bambino si rivela attraverso il lavoro» [68].
Solo
quando i bambini avranno mostrato la capacità di concentrarsi su qualcosa, si
potrà presentare il materiale.
Nei
primi tempi la concentrazione non sarà molto forte l’insegnante dovrà fare
molta attenzione a non disturbare, soprattutto non deve aiutare chi si trova in
difficoltà. Anche solo uno sguardo può distogliere dalla concentrazione:
«appena la concentrazione ha inizio, fare come se il bambino non esistesse» [69].
Tenere tutto sotto controllo senza farsi notare. L’insegnante potrà intervenire
solo su richiesta da parte del bambino.
Le
prime lezioni saranno individuali, la maestra dovrà essere in grado di capire
se il bambino è pronto a ricevere la prima lezione individuale, così fa un
primo tentativo con l’oggetto che ritiene adatto, svolgendo lei stessa
l’esercizio e osserva la reazione del bambino, se risponde ai suoi bisogni.
La
lezione sarà breve ma sufficiente a chiarire l’uso dell’oggetto: i bambini non
sono ancora in grado di seguire discorsi troppo lunghi.
Non
si dovrà mai sforzare un bambino che non trova interesse per un oggetto, né
ripetere la lezione se il bambino non ha capito, perché ciò arresterebbe il suo
impulso ad agire «stimolare la vita lasciandola però libera di svilupparsi,
ecco il primo dovere dell’educazione» [70].
Altro
compito è evitare che il bambino concentrato nel suo lavoro sia disturbato «un
angelo custode delle anime concentrate nello sforzo che dovrà elevarle, è tra i
più solenni compiti della maestra» [71].
Se il
bambino utilizza il materiale in modo diverso da quello previsto, lo si lascerà
fare se tale attività rivela l’uso dell’intelligenza. L’uso scorretto del
materiale, non recando nessun beneficio allo sviluppo dell’intelligenza
infantile, deve essere impedito dalla
maestra, con dolcezza se si tratta di un bambino tranquillo, ma con fermezza se
è un bambino turbolento, perché in questo caso l’autorità della maestra è un
sostegno per il bambino disorientato.
La
libera scelta del materiale si avrà solo quando il bambino ha compreso l’uso
del materiale perché solo il bambino che conosce ciò di cui ha bisogno per
svilupparsi è in grado di scegliere liberamente il materiale.
Quando
un bambino si concentra su un esercizio, l’insegnante deve solo preoccuparsi
che non ci siano ostacoli nel cammino verso la perfezione. La sicurezza si sé
si sviluppa da sorgenti interne, la maestra non può fare nulla perché «il
bambino deve acquistare l’indipendenza fisica con l’essere sufficiente a se
stesso, indipendenza di volontà con scelta propria e libera, indipendenza di
pensiero col lavoro svolto da solo senza interruzione [...] l’insegnante deve
conoscere e vivere il segreto dell’infanzia» [72].
5. Il materiale sensoriale
Il
materiale sensoriale montessoriano è costituito da una sezione del materiale
ideato da Itard e Séguin per l’educazione dei bambini ritardati e da quello
usato nelle stesse “Case dei bambini” durante il primo periodo sperimentale.
L’educazione dei sensi e il loro raffinamento è la base dello sviluppo
dell’intelligenza. Gli oggetti che costituiscono il materiale sensoriale sono
divisi in gruppi, ogni gruppo presenta una sola qualità (colore, peso, ecc.),
ma in gradi diversi e facenti riferimento ad un solo senso (vista, tatto ecc.):
ad esempio per evidenziare solo il colore gli oggetti saranno identici, ma
presenteranno gradazioni diverse del colore preso in esame; questo perché per
sviluppare un senso è necessario isolare gli altri.
Altra
caratteristica del materiale è il controllo dell’errore.
L’ambiente
stesso è ideato in modo da rendere facile il controllo dell’errore, i mobili
bianchi evidenziano le macchie che bisogna subito togliere, le piccole sedie
evidenziano i movimenti maldestri che le fanno cadere.
Altro
carattere degli oggetti è la bellezza nei colori e nelle forme che devono
stimolare il bambino ad agire.
Gli
oggetti sono presenti in un solo esemplare per ogni serie perché il bambino ha
bisogno di mettere ordine alla moltitudine di sensazioni che riceve
dall’esterno.
Il
bambino ha bisogno di cose limitate nel numero e dirette allo scopo, che
forniscano chiarezza alla sua mente esploratrice. La moltitudine di oggetti
aggrava la confusione nella sua mente.
Lo
sviluppo dei sensi precede quello delle attività superiori intellettuali. In
questo periodo è possibile aiutare lo sviluppo dei sensi e indirettamente si
tocca anche l’altro scopo dell’educazione che è l’adattamento all’ambiente
«L’educazione dei sensi, formando uomini osservatori [...] prepara direttamente
alla vita pratica» [73].
Nell’educazione
tradizionale prima si insegna, poi si esegue, ma spesso accade che lo scolaro
pur avendo capito l’idea non è capace di metterla in pratica perché viene
trascurato il perfezionamento delle sensazioni.
Per
educare i sensi occorre cominciare dai contrasti forti e passare gradualmente a
contrasti sempre più deboli. Gli esercizi sensoriali della mano, sviluppando la
sensibilità delle dita, prepara indirettamente alla scrittura.
Per
la Montessori è un errore iniziare a scrivere facendo pagine di aste perché
questo è un esercizio molto difficile, richiede un grande sforzo da parte del
bambino per non trasformarla in “C”, mentre il bambino tende a tracciare delle
linee curve, inoltre non si vede lo scopo di tracciare tutte quelle aste.
Prendendo spunto dalle sue esperienze, la Montessori, capì che prima di
compiere un lavoro era necessario essere preparati a farlo.
Questa
preparazione si ottiene grazie all’educazione dei sensi, mediante la quale si
danno ai bambini i mezzi per un ulteriore sviluppo intellettuale.
Vanno segnalati, a questo punto, gli scritti Psicogeometria (1938) [74],
e Psicoaritmetica
(1938)[75].
Sull’educazione religiosa nelle “Case dei bambini” si ricordano, I bambini viventi nella Chiesa (1922) [76], La
Vita in Cristo (1931) [77]
e La Santa Messa spiegata ai bambini (1932)
[78].
6. La disciplina
Uno
degli scopi principali dell’educazione tradizionale è quello di piegare la volontà del bambino e di sostituirvi quella
dell’adulto che pretende incondizionata ubbidienza.
Secondo
la tradizione le azioni dei bambini sono per natura disordinate e violente,
così c’è la necessità di domare questa volontà. La tradizione vuole il bambino
ricettivo-passivo, deve limitarsi ad ascoltare il maestro e obbedire: in questo
modo, però, la volontà non si sviluppa; il bambino si riduce a un vaso vuoto
che il maestro deve riempire.
L’immobilità
fisica è garantita dai banchi di scuola, se il bambino non riesce a stare fermo
al suo posto è considerato un ribelle. In questo modo immobilità fisica e
mentale sono garantite.
Per
la Montessori, volontà e obbedienza sono strettamente collegate. La volontà è
la base dell’obbedienza, diventa una seconda tappa del processo di sviluppo.
In
questo modo si dà all’obbedienza un nuovo significato, è un’evoluzione, il
punto di arrivo di un lungo processo di perfezionamento.
Nelle
“Case dei bambini” ci sono degli esercizi che indirettamente preparano
all’obbedienza, anche la volontà si sviluppa con la ripetizione costante di
esercizi inibitori.
Ma
esercitare la volontà non basta, bisogna conoscere l’atto che si deve eseguire.
Prima
dei tre anni è ancora la natura a guidare il bambino, ma dopo i tre anni deve
aver sviluppato certe qualità per poter obbedire. Se non è padrone di sé, se
non è in grado di obbedire alla propria volontà, non potrà obbedire a un’altra
persona.
Potrà
farlo qualche volta. ma non sempre.
Nelle
“Case dei bambini” i bambini non fanno quello che vogliono, ma vogliono quello
che fanno. Scelgono liberamente il lavoro e con la ripetizione dell’esercizio
sviluppano la coscienza delle loro
azioni.
Quando
le attività sono consolidate, il bambino è in grado di obbedire alla volontà di
un’altra persona e lo fa con gioia.
Disciplina
attiva. Un bambino immobile e muto non è disciplinato, ma solo un essere
annientato.
È un
errore associare l’idea di disciplina al silenzio e all’immobilità. In queste
scuole tutti si muovono per compiere i loro esercizi, dal più piccolo di età al
più grande e senza disturbarsi.
Ottenere
un individuo disciplinato non è facile, non basta un comando, ma bisogna essere
preparati.
La
disciplina inizia quando il bambino si interessa per la prima volta a un
lavoro, sarà poi nella ripetizione dell’esercizio che il bambino inizia il
cammino verso la disciplina.
Indisciplinato
è quel bambino che si muove continuamente, con disordine. I bambini
indisciplinati hanno la mente denutrita, l’attività motrice deve avere uno
scopo ed essere legata all’attività psichica.
Con
gli esercizi sensoriali i bambini mettono ordine nella loro mente.
Appare
un bambino nuovo, padrone di sé, i suoi movimenti non sono più disordinati, ma
coordinati e diretti dalla mente per raggiungere uno scopo.
L’immobilità
dei muscoli è solo uno spreco di energia, il vero riposo sta nell’attività
guidata dall’intelligenza, nella ripetizione dell’esercizio che sviluppa le sue
attività psichiche: è così che si manifesta il bambino disciplinato.
La
vera disciplina è quella interna, quella che si sta svolgendo in loro.
Aspetti sociali e umani
del pensiero montessoriano *
Impegno umano e sociale in Maria Montessori:
l’educazione al pace
Il messaggio della
Montessori «divenne popolare nel secondo decennio del secolo grazie alla sua
accentuata connotazione scientifica messa al servizio di un diffuso movimento
di redenzione sociale, per cui fu particolarmente accolto nel mondo femminile e
in quello socialista e progressista» [79].
Grande è il desiderio
della Montessori di cooperare alla soluzione dei problemi del suo tempo e la
consapevolezza di essere chiamata ad una missione
che rispondeva alla sua vocazione, già avvertita fin dall’infanzia, di
soccorrere chi è in difficoltà.
Questi sono i motivi
che la spinsero a dedicarsi, senza soste ed incertezze, alla causa del bambino
artefice di una umanità migliore.
La pedagogista dedica
la sua vita ad approfondire le ricerche e diffondere le sue idee ed i suoi
principi in tutto il mondo, conquistando per oltre mezzo secolo un posto di
primo piano nel mondo culturale internazionale ed esercitando la sua influenza
sul rinnovamento delle istituzioni educative e sociali.
Il messaggio di cui la Montessori si fa
portavoce in tutto il mondo e che andava ben oltre le barriere di lingua, razza
e religione, è il rispetto quasi religioso del bambino considerato padre
dell’uomo, il rispetto per le leggi che ne regolano lo sviluppo armonico e le
sue capacità creatrici che rappresentano le basi necessarie per la redenzione
dell’umanità e per la realizzazione della pace universale.
È un messaggio che riguarda la scoperta di un
mondo inesplorato: l’anima del bambino che rimane nascosta agli occhi
dell’adulto, indurito ed egoista, che lo reprime con ogni mezzo anziché
aiutarlo.
Nel farsi portavoce
dei diritti del bambino le è di grande aiuto la tempra eccezionale di cui è
dotata e che la caratterizza fin dalle prime scelte [80]
e che le permette di superare i momenti critici.
Spinta da una forte
aspirazione al servizio sociale, la Montessori si mette al servizio degli umili
dei bisognosi, dell’umanità.
La sua diventa una
vera e propria missione redentrice. La pedagogista partecipa alla campagna in
favore dei diritti sociali e politici della donna [81]
rappresentando le donne italiane nei due congressi internazionali svoltisi alla
fine dell’Ottocento a Berlino e Londra.
Con la stessa passione
si dedica alla soluzione della delinquenza giovanile, all’assistenza e
all’educazione dei bambini minorati[82]
partecipando al Primo Congresso di Torino del 1898.
La pedagogista mette
l’accento sulla responsabilità della società
e sul ruolo centrale
dell’insegnante che «dalla condizione
di cittadino depresso, impaurito e dimesso (e quanto invece la Montessori
desiderasse che fosse fiero, attraente, elegante), è improvvisamente innalzato
alla figura dello scienziato
nella duplice veste di sperimentatore e trasformatore sociale» [83].
L’educatore deve porsi
al servizio sella società, come un missionario
nell’opera di redenzione sociale degli uomini oppressi.
Va ricordata anche la
collaborazione con la società «Umanitaria» di Milano sorta con
il fine di aiutare, attraverso attività assistenziali, ma anche con
l’istituzione di scuole professionali,
le classi meno abbienti.
La stessa “Casa dei
bambini” in via dei Marzi a
Roma, era nata con
gli stessi intenti
assistenziali.
La Montessori
partecipa alle opere di
assistenza a favore dei bambini rimasti orfani nel terremoto del 1908 che
devastò la Calabria ela Sicilia per i quali chiedeva l’istituzione di scuole speciali.
Nel 1921,
profondamente angosciata dalle condizioni dei bambini che soffrivano
le conseguenze traumatizzanti della guerra del 15-18, la Montessori, da
S. Diego di California, scrive al presidente dell’ “Umanitaria” Augusto Osimo, perché
si interessi alla creazione della Croce
Bianca dei bambini, parallela alla Croce Rossa per i soldati feriti in
guerra.
La proposta nasceva
dalla necessità di occuparsi della salute psichica dei bambini che avevano
subito gravi alterazioni psichiche. Questa iniziativa si svilupperà più tardi,
nel 1937, in occasione della cerimonia di chiusura del VI Congresso
Internazionale di Copenaghen, la Montessori proporrà la fondazione di un
Ministero per l’infanzia e di un Partito Sociale del bambino al fine di
tutelare legalmente, con una rappresentanza ufficiale nei Parlamenti dei vari
paesi, gli interessi del bambino «progetti utopistici, forse, ma che non si può
fare a meno di valutare nel loro essenziale valore di testimonianza di un
interesse mai spento e di una volontà tutta tesa verso la soluzione radicare su
basi concretamente operanti del problema educativo, nel quadro degli interessi
ideali dell’umanità tutta» [84].
La Montessori torna su
questa proposta nel messaggio inviato all’UNESCO il 31 maggio 1951 in occasione
della «Dichiarazione dei diritti dell’uomo» nel quale si legge «La funzione che
il bambino ha nell’insieme dell’umanità, la funzione che lo ha fatto chiamare
“padre dell’uomo” e “forza dirigente nella formazione dell’uomo”, sembra cosa
ancora ignorata. Non si considera che ci sono due forze nella vita umana:
quella riguardante il periodo della formazione stessa dell’uomo (il bambino) e
quella riguardante le attività sociali costruttive (l’adulto) e che esse sono
così fortemente integrate l’una dall’altra, che trascurando l’una non si può
giungere all’altra; non si considera che per arrivare ai diritti dell’adulto
bisogna passare attraverso il bambino» [85].
«Il suo più valido e
rivoluzionario contributo non solo alla
storia della pedagogia, ma alla storia della società, è costituito da quel
senso collettivo di responsabilità educativa che ognuno di noi sente
risvegliarsi in sé di fronte al suo grido di allarme. Soffocando il libero
sviluppo dell’anima infantile, l’umanità uccide se stessa e compromette in
maniera definitiva il suo avvenire.
Il problema
dell’infanzia esula dal ristretto campo della scienza pedagogica e diventa un
problema sociale, problema dell’umanità di domani» [86].
Ancora si legge che
«uno dei maggiori errori che si possano commettere nella valutazione del contributo
dato dalla Montessori alla riforma dell’educazione consiste appunto
nell’isolare da tutta l’opera sua, vista nel suo complesso, quello che viene
definito il «Metodo Montessori» e cioè quella parte della sua riforma educativa
che si riferisce propriamente alla scuola materna e alla scuola elementare,
ignorandone gli sviluppi successivi» [87].
Questi sviluppi si
riferiscono non solo alla riforma della scuola fino all’università, ma
soprattutto ad una visione universale dell’educazione.
Le ragioni della sua
fama internazionale vanno ricercate proprio in questo ampliamento dei confini
dell’opera educativa, che si farà sempre più nitido durante il suo apostolato
educativo che la porterà a confrontarsi con altre culture, arricchendo la sua
visione in una prospettiva mondiale
facendosi “cittadina del mondo”.
Alla luce di questo
nuovo orizzonte, il problema dell’educazione riguarda la formazione spirituale
e l’elevazione intellettuale dell’umanità
che garantiscono l’emancipazione degli uomini.
Il mezzo per
raggiungere questo scopo è la lotta contro l’analfabetismo degli adulti.
Secondo la Montessori l’alfabetizzazione dell’umanità è il fondamento per
garantire la convivenza pacifica degli uomini. Questa convinzione è la naturale
evoluzione del pensiero montessoriano, è il risultato della sua scoperta del bambino e della sua riforma.
Si può ricostruire
psichicamente l’uomo attraverso il bambino, individuando e combattendo le cause
del conflitto fra l’adulto e il
bambino, che essendo più debole è destinato a soccombere.
Per la Montessori una
educazione che rispetti e favorisca l’autonomia del bambino, che sviluppi il
carattere e la volontà, è il mezzo che può scongiurare la guerra e stabilire la
pace mondiale.
Questo è il vero
compito dell’educazione: educare l’infanzia significa educare alla pace «La
voce della Montessori riportava fiducia nell’uomo e nella natura e rendeva
giustizia ad una gioventù incolpevole. E ridava slancio ad una fede pedagogica
tanto indispensabile in una fase storica così tumultuosa» [88].
La questione sociale dell’anormale
Non va dimenticato che
uno dei primi problemi sociali a cui la Montessori si dedica attivamente è la
questione dell’educazione e dell’assistenza dei bambini affetti da problemi
psichici, problema particolarmente sentito dai sociologi e scienziati del primo
Novecento.
Partecipando al
Congresso Nazionale di Medicina svoltosi a Torino 1897 la Montessori mette
l’accento sulle gravi responsabilità della società nel prevenire la delinquenza
minorile, dal momento che mancano cure ed assistenza adeguate per i bambini
psichicamente anormali e spesso potenziali delinquenti.
Ancora, nel 1898 al I
Congresso Pedagogico italiano la Montessori presenta la sua relazione nella
quale espone i risultati delle sue ricerche nel campo della rieducazione degli
anormali, sottolineando che i problemi legati a tale azione di recupero sono di
natura prevalentemente pedagogica. Sostiene, inoltre, la necessità di
individuare nel bambino, fin dalla tenera età, i primi segni di deviazione per
ricorrere immediatamente all’azione emendatrice della educazione.
In questa occasione la
Montessori chiede e ottiene che vangano creati istituti medici pedagogici.
Inoltre, il Ministro della Pubblica Istruzione Baccelli le affida l’incarico di
tenere un corso sull’educazione dei bambini frenastenici alle maestre di Roma,
corso che, più tardi, si trasforma nella Scuola Magistrale Ortofrenica con
annessa una classe speciale destinata ai bambini anormali.
Occorre aiutare lo
sviluppo psichico di questi bambini svantaggiati e questo compito spetta al
medico e all’educatore. La Montessori ricorda dei bambini anormali che,
opportunamente aiutati, furono in grado di sostenere gli esami, senza
sfigurare, accanto ai bambini normali.
È chiaro che «Nessuno prima
della Montessori aveva definito ex novo
due concetti fondamentali: a) lo sviluppo del bambino deficiente e asociale è
un diritto che gli appartiene intrinsecamente e che va assicurato, al di là
delle stesse ragioni scientifiche, come trattamento pedagogico e scolastico; b)
la sua educazione, pur in situazioni separate deve avvenire obbligatoriamente
qualunque sia il tipo e grado di anormalità [...]. Per questo fondamentale
aspetto il «brevetto di invenzione» le appartiene storicamente, anche con un
carattere rivoluzionario, tenuto
conto del tipo di immaginazione sociale che si proiettava sull’anormale, temuto
e allontanato come rappresentante materiale del male metafisico dell’uomo» [89].
Ancora, «la
pedagogia montessoriana sorgeva dalle condizioni più «infime» della creatura
umana, quelle dell’handicap e della sensazione, ponendosi quindi come una
radicale sfida scientifica e sociale al sistema stesso dei valori e della
spiritualità borghesi» [90].
Nella società non c’è
posto per l’anormale, è confinato nella strada, nelle prigioni o nei manicomi.
Non è contemplato nelle richieste della riforma scolastica.
L’interesse per
l’anormale era puramente medico «la questione educativa dell’anormale era,
insomma, posta e discussa soltanto dalla società scientifica medica» [91].
Con la Montessori
l’educazione diventa un diritto dell’anormale, ma non nella scuola tradizionale
dove regnano i premi, i castighi e la repressione
della libertà. Il diritto all’educazione per tutti si potrà avere solo
quando la scuola avrà compiuto la sua trasformazione.
L’argomento viene
ripreso nel 1939 quando la Montessori progetta la scuola secondaria di Laren
finalmente aperta a tutti, anche a chi soffre di problemi psichici.
Si può concludere
questo studio con una citazione di Scocchera che riassume il messaggio
montessoriano: «con la stessa trepidazione dell’archeologo in attesa del
definitivo affiorare del reperto appena intravisto, e già ansioso di capirlo e
descriverlo, così Maria Montessori ha assistito «in prima visione» l’emergere
del bambino riportato alla luce dal fondo della millenaria adulterazione
adulta. Togliendo le spesse concrezioni storiche prodotte dall’educazione e dai
suoi metodi, finalmente “ciò che si vede è il bambino”. si vede, anzi, la sua
anima, “che liberata dagli ostacoli, agisce secondo la propria natura”; da
questo momento “le qualità infantili intraviste, appartengono semplicemente alla vita” e, perciò, non sono affatto
il risultato “di un metodo di educazione”» [92]
Scritti di Maria Montessori *
M. MONTESSORI, Sul significato dei cristalli del Leyden
nell’asma bronchiale, in «Bollettino della Società Lancisana degli Ospedali
di Roma», a. XVI, fasc. I, 1896.
M. MONTESSORI, La paranoia, Niccolai, Firenze, 1989.
M.MONTESSORI, Sulle cosiddette allucinazioni
antagonistiche, in «Policlinico», a. IV, vol. IV, fasc. 2, febbraio 1897,
pp. 68-71 e fasc. 3, marzo 1897, pp. 113-124.
G.
MONTESANO, M. MONTESSORI, Ricerche
batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano dei dementi paralitici, Roma,
F.lli Capaccini, 1897 estratto dalla «Rivista quindicinale di Psicologia,
Psichiatria, Neuropatologia», fasc. 15 , 1 dicembre 1897, pp. 1-13.
M. MONTESSORI, Norme per una
classificazione dei deficienti in
rapporto ai metodi speciali di educazione, in Atti del Comitato Ordinatore
del II Congresso Pedagogico Italiano 1899-1901, Napoli, Tipografia Angelo
Trani, 1902, p. 145).
M. MONTESSORI, Miserie sociali e
nuovi ritrovati della scienza, in «Vita dell’Infanzia», a. XLIV, n. 4,
aprile 1995, p. 5, (già in «Il Risveglio educativo», a. XV, n. 17, 10 dicembre
1898, pp. 130-132; n. 18, 17 dicembre 1898, pp. 147-148).
M. MONTESSORI, Riassunto delle
lezioni di didattica date in Roma nella Scuola Magistrale Ortofrenica,
Roma, Laboratorio Litografico Romano, 1900, poi ripubblicate come secondo
Allegato in M. MONTESSORI,
L’autoeducazione nelle scuole elementari, Milano, Garzanti, 1992, pp.
639-675 (I edizione, Loescher & C. - Maglione e Strini, 1916).
M. MONTESSORI, Corso di pedagogia scientifica, Città di
Castello, Società Tip. Editrice 1909, p. 24.
MONTESSORI M., Norme per una
classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione,
in Atti del Comitato Ordinatore del II Congresso Pedagogico Italiano 1899-1901,
Napoli, Trani, 1902, p. 145, poi ripubblicato con il titolo Un metodo per la classificazione dei
deficienti, in «Vita dell’Infanzia», a. XI, n. 9, settembre 1962, pp.
3-12).
M. MONTESSORI, L’antropologia
pedagogica.. Conferenza tenuta agli studenti di filosofia nell’Università
di Roma, Vallardi, Milano, 1903, poi pubblicata in «Vita dell’Infanzia», a.
XLVI, n. 8, ottobre 1997, pp. 8-15.
M. MONTESSORI, La teoria
lombrosiana e l’educazione morale, Roma, Tipografia Cooperativa, 1903.
M. MONTESSORI, Sui caratteri
antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle
scuole, in «Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia», vol. XXXIV, fasc. 2, 1904, pp. 243-300.
M. MONTESSORI, Influenza delle
condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari. Ricerche d’Igiene e Antropologia Pedagogiche
in rapporto all’Educazione Bologna, Zamerani e Albertazzi, 1904 ed in
«Rivista di filosofia e scienze affini», a. VI, Vol. II, n. 3-4,
settembre-ottobre 1904, pp. 234-284.
MONTESSORI M., Caratteri fisici
delle giovani donne del Lazio, estratto dagli «Atti della Società Romana di
Antropologia», vol. XII, fasc. 1, 1905, pp. 3-86.
M. MONTESSORI, L’importanza della
etnologia regionale nell’antropologia pedagogica, in «Ricerche di
Psichiatria e Nevrologia, Antropologia e Filosofia» dedicate al prof. Enrico
Morselli nel XXV anno del suo insegnamento universitario, Vallardi, Milano
1907, pp. 603-619.
M. MONTESSORI, Lezioni di
antropologia pedagogica, Roma, Sabbadini, 1906.
M. MONTESSORI, La Casa dei
Bambini, dell’Istituto Romano dei Beni Stabili. Conferenza tenuta il 7
aprile 1907, Off. Tip. Bodoni di Gino Bolognesi, Roma, 1907, pp. 3-22. La conferenza, con l’aggiunta di disegni che illustrano i Banchi delle Case dei Bambini dell’Istituto
Romano dei Beni Stabili, è poi ripubblicata nella prima edizione di Il metodo con il titolo Discorso inaugurale pronunziato in occasione
dell’apertura di una «Casa dei Bambini», (pp. 37-50).
M. MONTESSORI, La morale sessuale
nell’educazione, in Atti del I Congresso Nazionale delle donne italiane,
Roma 24-30 aprile 1908, Roma, Stabilimento Tipografico della Società Editrice
Laziale, 1912, pp. 272-281.
M. MONTESSORI, Metodo per
insegnare la scrittura, in «L’educazione dei sordomuti», fasc. 5, maggio
1908 e MONTESSORI M., Come si insegna a
leggere e a scrivere nelle “Case dei Bambini” di Roma, in «I Diritti della
scuola», a. IX, n. 34, 31 maggio 1908 ripubblicato in «Il quaderno Montessori»,
a. n. 8-9, 1985, pp. 3-7.
M. MONTESSORI, Il metodo della
pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini,
Città di Castello, Editrice S. Lapi, 1909 (in Italia con accrescimenti e
ampliamenti II edizione 1913, III edizione 1926, IV edizione 1935, V edizione
1950 con il titolo La scoperta del
bambino).
M. MONTESSORI, Antropologia
pedagogica, Milano, Vallardi, s. d. (ma 1910).
M. MONTESSORI, The Montessori Method Scientific pedagogy as applied to child education
in “the children house”, with additions and revisions by the author, New
York, F. A. Stokes, 1912.
M. MONTESSORI, The Montessori Method scientific pedagogy as apllied to child education
in “The Children House” with additions and revions by the author, London,
William Heinemann, 1912. La prefazione è alle pagine VII e VIII. Nel 1915 compare poi una
ristampa dell’edizione inglese del 1912
M. MONTESSORI, Il metodo della
Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini,
II edizione accresciuta ed ampliata, Roma, Loescher & C., 1913.
M. MONTESSORI, Manuale di
pedagogia scientifica, Napoli, Alberto Morano Editore, 1921, pp. 147 (I
edizione inglese con il titolo Dr. Montessori’s
Own Handbook, London, W. Heinemann, 1914).
M. MONTESSORI, i bambini viventi nella Chiesa, Napoli, Morano
1921.
M. MONTESSORI, Il bambino in
famiglia, Milano, Garzanti, 1991. Nel 1923 il libro è pubblicato in lingua
tedesca. La prima edizione italiana è del 1936 e una nuova edizione sempre
italiana si ha nel 1956, edita da Garzanti.
M. MONTESSORI, Il compito preciso
del nuovo maestro, in «Montessori», a. I n. IV, aprile 1931, pp. 3-12
M. MONTESSORI, La vita in Cristo, Roma, Rerri 1931.
M. MONTESSORI, La Santa
Messa, Milano, Garzanti 1949 (I edizione inglese dal titolo Mass
Explained to Children, London, Sheed & Ward 1932)
M. MONTESSORI, Psicogeometria,
Barcellona, R. Aluce 1934.
M. MONTESSORI, Psicoaritmetica,
Barcellona, R. Aluce 1934.
M. MONTESSORI., «The Erdkinder». A scheme of reform of secondary education. The function of the University,
Amsterdam, AMI 1939.
M. MONTESSORI, De l’enfant à
l’adolescent, Paris, Desclée et De Brouwer, 1948 (I edizione italiana dal
titolo Dall’infanzia all’adolescenza,
Milano, Garzanti, 1970).
M. MONTESSORI, Educazione e pace,
Milano, Garzanti, 1949, p. 111-112. Il libro contiene oltre alle conferenze
tenute dalla nostra studiosa durante il VI Congresso Internazionale Montessori
di Copenaghen, anche altre conferenze sul tema della pace, svolte dalla
pedagogista marchigiana nel periodo 1932-1939.
M. MONTESSORI, Il segreto
dell’infanzia, Milano, Garzanti, 1992 (I edizione francese con il titolo L’Enfant, I edizione italiana, Istituto
editor. Ticinese, 1938).
M. MONTESSORI, Education for a
New World, Adyar, Kalashetra Publication, 1946 (I edizione italiana dal
titolo Educazione per un mondo nuovo,
Milano, Garzanti, 1970).
M. MONTESSORI, To Educate the
Human Potenzial, Adyar, Kalashetra Publication, 1948 (I edizione italiana
dal titolo Come educare il potenziale
umano, Milano, Garzanti, 1970).
M. MONTESSORI, What you should Know about your child, Colombo, Bennet & C.,
1948.
M. MONTESSORI, Analfabetismo
mondiale, e presente nel libro La
formazione dell’uomo, Milano, Garzanti, 1949, pp. 99-134.
M. MONTESSORI, Introduzione ad un
metodo per insegnare a leggere e a scrivere agli adulti, Roma 1951 per
l’«Unione Nazionale per la lotta contro l’analfabetismo».
M. MONTESSORI, The Absorbent mind,
Adyar, The Theosophical Publishing House, 1949 (I edizione italiana con il
titolo La mente del bambino, Milano,
Garzanti, 1952).
M. MONTESSORI, La scoperta del
bambino, Milano, Garzanti, 1950 (I edizione inglese dal titolo The discovery of child, The Teosophical
Publishing House, Adyar, 1948).
[1] Cfr. Tesi di Laurea in Storia della Pedagogia di Paola Trabalzini, Il Metodo della pedagogia scientifica di Maria Montessori: Strutture, sviluppi, edizioni, a.a. 1996-1997. Relatore Prof. Giacomo Cives, Correlatore Frof. Nicola Siciliani De Cumis; corso di laurea in filosofia, Università degli Studi “La Sapienza” Roma, Cap. I, p.5.
[2] Ibidem, p. 6.
[3] Ibidem, p.7.
[4] Ibidem, p. 12.
[5] Ibidem.
[6] Ibidem, p. 13.
[7] Ibidem, pp. 16-17.
[8] Ibidem, pp. 17-18.
[9] A. Scocchera, Maria Montessori: una biografia intellettuale; cfr. Opera Nazionale Montessori, Maria Montessori: il pensiero il metodo, vol. I, (Te) Lisciani & Giunti Editori 1993, p.12.
[10] Ibidem.
[11] Ibidem.
[12] Cfr. Tesi di Laurea di Paola Trabalzini, op. cit., Cap. I, p. 21.
[13] A. Scocchera, op. cit. p. 14.
[14] Ibidem, p.15.
[15] Ibidem.
[16] Cfr. Tesi di Laurea di Paola Trabalzini, op. cit., Cap. I, p. 25.
[17] A. Scocchera, op. cit., p. 17.
[18] Cfr. Tesi di Laurea di Paola Trabalzini, op. cit., Cap. I, p. 46.
[19] Ibidem, p. 48.
[20] Ibidem, p.49.
[21] Ibidem, p.55.
[22] Ibidem, pp.57-59.
[23] Ibidem, p. 61.
[24] Ibidem, pp.62-63.
[25] Cfr. Cap. II, pp. 64-65.
[26] Ibidem, pp.67-68.
[27] Ibidem, p. 70.
[28] Ibidem, p. 71.
[29] Ibidem, pp.71-72.
[30] Ibidem, pp.72-73.
[31] Ibidem, pp. 73-74-75.
[32] Ibidem, p.76.
[33] Ibidem, p.77.
[34] Ibidem, p. 79.
[35] Ibidem, pp.79-80-81.
[36] Ibidem, p. 82.
[37] Ibidem, pp. 84-85.
[38] Ibidem, pp.84-85-86-87-88.
[39] Ibidem, pp.91-92.
[40] Ibidem, pp.94-95-96.
[41] Ibidem, p.98.
[42] M. Montessori, La mente del bambino, Milano, Garzanti 1987, p.100.
[43] Ibidem, p. 105.
[44] Maria Montessori, Il segreto dell’infanzia, Milano, Garzanti 1989, p.26
[45] Cfr. La mente del bambino, p.110.
[46] Ibidem, p. 107.
[47] Ibidem, p. 109.
[48] Cfr. Il segreto dell’infanzia, p. 108.
[49] Ibidem, p. 111.
[50] Cfr. La mente del bambino, p.156.
[51] Cfr. Il segreto dell’infanzia, p.117.
[52] Ibidem, p.119.
[53] Cfr. La mente del bambino, p.158.
[54] Ibidem, p. 152.
[55] Cfr. Il segreto dell’infanzia, p.128.
[56] Ibidem, p. 145.
[57] Cfr. La mente del bambino, p.178.
[58] Ibidem, p. 193.
[59] Ibidem, p. 197.
[60] Ibidem, p. 199.
[61] Ibidem, p. 204.
[62] Ibidem, p. 205.
[63] Ibidem, p. 243.
[64] Ibidem, p. 245.
[65] M. Montessori, La scoperta del bambino, Milano, Garzanti 1987, p. 64.
[66] Ibidem, p.166.
[67] Ibidem, p. 179.
[68] Cfr. La mente del bambino, p.275.
[69] Ibidem, p. 279.
[70] Cfr. La scoperta del bambino, p.123.
[71] Ibidem, p. 168.
[72] Cfr. La mente del bambino, p.281.
[73] Cfr. La scoperta del bambino, p.159.
[74] Montessori, M., Psicogeometria, Barcellona, R. Aluce 1934.
[75] Montessori, M., Psicoaritmetica, Barcellona, R. Aluce 1934.
[76] Montessori, M., I bambini viventi nella Chiesa, Morano, Napoli 1921.
[77] Montessori, M., La vita in Cristo, Ferri, Roma 1931.
[78] Montessori, M., La Santa Messa, Milano, Garzanti 1949 (I edizione inglese dal titolo Mass Explained to Children, London Sheed & Ward, 1932.
* Alla luce del lavoro svolto
si è ritenuto opportuno discutere, anche se brevemente, in questo spazio
dedicato al profilo biografico-intellettuale di Maria Montessori, di argomenti
che non vengono approfonditi in questi Repertori enciclopedici (per i motivi
accennati nell’Introduzione).
La necessità di affrontate questi argomenti nasce dall’interesse per l’attività sociale della Montessori che evolve verso una missione a livello mondiale, ma che è strettamente legata alle sue prime ricerche scientifiche e pedagogiche.
[79] A. Scocchera, Maria Montessori, quasi un ritratto inedito, Firenze, La Nuova Italia 1990, p. XIII.
[80] La Montessori, per seguire la sua vocazione non esita a contrastare l’opposizione del padre che riteneva disdicevole la frequenza di una facoltà maschile e lo studio di discipline considerate disdicevoli per una donna. In generale l’opinione pubblica, nella seconda metà dell’Ottocento, era contraria nei confronti dell’istruzione superiore femminile.
[81] Gli argomenti trattati sono l’educazione e l’istruzione femminile con particolare riferimento alla necessità di uguali opportunità per uomini e donne, alla presenza femminile nelle università e nelle professioni. Riscuote molto successo l’intervento della Montessori che affronta il problema del lavoro femminile che spesso si protrae anche sino a diciotto ore al giorno con un salario che è la metà di quello corrisposto ad un uomo. Per cui chiede che venga approvata la proposta della parità salariale.
[82] Cfr. paragrafo successivo, La questione sociale dell’anormale.
[83] Cfr. A. Scocchera, op. cit., p. 8.
[84] Cfr. M. Pignatari, Maria Montessori cittadina del mondo, Comitato italiano dell’OMEP 1967 pp. 98-99.
[85] Ibidem, p. 99.
[86] Ibidem, p. 77.
[87] Ibidem, p. 91.
[88] A. Scocchera, op. cit., p. 12.
[89] Ibidem, p. 48.
[90] Ibidem, p. 5.
[91] Ibidem, p. 49.
[92] Ibidem, p. 17.
* Cfr. Tesi di Laurea in Storia della Pedagogia della Dott. Paola Trabalzini, Il metodo della pedagogia scientifica di Maria Montessori: strutture, sviluppi, edizioni, a.a. 1997-1998. relatore Prof. Giacomo Cives, Correlatore Prof. Nicola Siciliani De Cumis; corso di laurea in filosofia, Università degli Studi “La Sapienza” Roma