Profilo biografico – intellettuale di Maria Montessori

Maria Montessori nasce a Chiaravalle, in provincia di Ancona, il 31 agosto 1870 da Alessandro Montessori, discendente da una nobile famiglia di Bologna e Renilde Stoppani, nipote di Antonio Stoppani.

Nel 1875 la famiglia Montessori si trasferisce a Roma, dove il padre si reca per motivi di lavoro. Nel 1876 la Montessori viene iscritta alla prima classe della scuola elementare di via di San Nicolò da Tolentino.

Istruzione
Metodo Montessori (Cultureducazione.it)

Nel 1883 è iscritta alla Regia Scuola Tecnica Michelangelo Buonarroti. Al termine del corso della durata di tre anni, frequenta il Regio Istituto Tecnico Leonardo da Vinci dal 1886 al 1890. Ottenuto il certificato di licenza nella sezione fisico-matematica nel 1890, pensa, in un primo momento, di iscriversi alla facoltà di ingegneria. Ma la facoltà di medicina sembrava rispondere meglio al suo interesse verso la biologia e il desiderio di aiutare le persone che soffrono. Nell’impossibilità di iscriversi alla facoltà di medicina, nel 1890 la Montessori si iscrive al corso di laurea in scienze naturali della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Roma. Nel 1892 consegue il diploma di licenza.

Un anno dopo, nel 1893, viene accettata la richiesta di iscrizione al terzo anno di corso della facoltà di medicina. Il 10 luglio del 1896 consegue la laurea in medicina con la tesi dal titolo Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico. Dopo il conseguimento della laurea in medicina, la Montessori è scelta come rappresentante dell’Italia al Congresso Internazionale delle donne che si tiene a Berlino dal 20 al 23 settembre. I temi affrontati sono la pace, le riforme sociali, l’educazione e la questione femminile. Nel suo intervento la Montessori affronta il problema del lavoro femminile, donne sfruttate e mal pagate. Per far fronte a questo problema , chiede che venga approvata la proposta sulla parità salariale tra i due sessi. L’intervento ottiene un grande successo tra i presenti e sui giornali compaiono foto e interviste della dottoressa.

Il ritorno a Roma

Tornata a Roma la Montessori svolge la sua attività di assistente chirurgico all’ospedale Santo Spirito. Nel 1897 è accettata, con Giuseppe Montesano, come assistente volontaria del professore Ezio Sciamanna presso la Clinica psichiatrica dell’Università di Roma, fino al 1900.

In questo periodo ha la possibilità di venire a contatto con illustri scienziati come il De Sanctis e il Sergi, rivolge, inoltre, la sua attenzione alle ricerche sul recupero dei bambini idioti approfondendo la conoscenza dei medici francesi Pinel, Itard e Séguin, iniziatori dei metodi per l’educazione dei minorati psichici.

Comincia a farsi più forte l’interesse verso la nascente psichiatri infantile e, molto probabilmente, fu incoraggiata dallo stesso De Sanctis a costruire i nessi teorici tra antropologia e pedagogia [9]. Per conoscere meglio Itard e Séguin la Montessori si recò in Francia dove soggiorna per molto tempo a Bicêtre, presso il Bourneville che ne continuava la tradizione.

Si recò anche a Londra per conoscere i trattamenti a cui erano sottoposti i frenastenici e che seguivano i suggerimenti di Itard e Séguin. In questo periodo la Montessori accentua il suo interesse verso il recupero dei bambini deficienti adottando integralmente il Séguin e tenendo presente Itard per quanto riguarda il metodo di osservazione del bambino, che per la dottoressa è la vera nascita della pedagogia scientifica.

Nel 1897 si svolge a Torino il Congresso Nazionale di Medicina. In questa occasione la Montessori, a proposito della delinquenza minorile, accusa la società del mancato interesse verso i bambini disturbati e potenzialmente a rischio. Per la dottoressa è necessario scoprire le cause della delinquenza al fine di poter svolgere interventi preventivi. Il problema dei bambini frenastenici non è solo una questione medica, ma assume una rilevanza non solo sociale ma soprattutto pedagogica.

Il 1° Congresso pedagogico

Nel 1898 a Torino si svolse il 1° Congresso pedagogico nazionale dopo l’Unità, dal 8 al 15 settembre. In quei giorni fu uccisa Elisabetta d’Austria per mano di un italiano, subito ci furono polemiche sull’incapacità della scuola di fornire la necessaria formazione morale. A questo proposito intervenne la Montessori.

Secondo Scocchera la presenza della Montessori a Torino non è casuale, ma programmata in vista della presentazione del famoso ordine del giorno, probabilmente voluto e studiato con il De Sanctis «per acquistare maggiore considerazione verso il Ministro, come suppongo, e, soprattutto, per dare impulso al nuovo indirizzo della scuola scientifica romana a proposito dell’handicappato» [13].

Nell’ordine del giorno la Montessori sottolineava la necessità che la società si occupi di quei bambini che per speciali caratteri degenerativi non possono trarre beneficio dalla scuola comune mediante l’istituzione di classi aggiunte nelle scuole elementari, mentre, per i più gravi, propone la creazione di speciali istituti medico-pedagogici unito all’esigenza di una preparazione adeguata degli insegnanti.

L’intervento della Montessori ottenne un grande consenso. Per la prima volta in un Congresso di insegnanti vi partecipa anche un esponente del mondo scientifico che affronta il problema scolastico come questione sociale, auspicando un rinnovamento nel rispetto dei diritti del bambino. L’intervento della Montessori al Congresso Pedagogico di Torino suscita l’interesse del ministro Baccelli che le offre l’incarico di tenere un corso di conferenze, sull’educazione dei bambini frenastenici, alle maestre di Roma. Il corso si trasforma nella Scuola Magistrale Ortofrenica che la Montessori dirige dal 1900 al 1901.

Nel 1898 la dottoressa segue il Corso di Perfezionamento in Igiene presso la facoltà di medicina conseguendo il diploma di ufficiale sanitario. Al Congresso femminile di Londra è chiamata la Montessori a rappresentare l’Italia. La scelta del ministro Baccelli è motivata dal fatto che lei rappresenta la donna emancipata e le tendenze moderate del movimento.

Nel gennaio del 1900 il ministro Baccelli le conferisce l’incarico per l’insegnamento di igiene e antropologia, che la Montessori svolgerà fino al 1907. Nel 1901 la Montessori partecipa al II Congresso Pedagogico Nazionale di Napoli. Nel 1902 la dottoressa si iscrive alla facoltà di Filosofia dell’Università di Roma, è la Montessori stessa a chiedere di essere ammessa alla fine del quarto anno del corso di laurea in filosofia dopo aver sostenuto solo gli esami nelle materie filosofiche, mentre come equipollenti agli altri esami consigliati dalla facoltà richiede che le siano riconosciuti i titoli da lei già posseduti.

Il ministro e il consiglio di facoltà danno il loro consenso affinché la Montessori sia ammessa al 3° anno di Filosofia con dispensa dall’esame di letteratura italiana, ma non consegue la laurea in filosofia. Nel 1903 la dottoressa tiene una conferenza agli studenti della facoltà di filosofia dal titolo L’antropologia pedagogica.

L’abbandono della scuola magistrale

Abbandonata la Scuola Magistrale Ortofrenica, la Montessori comincia ad occuparsi della pedagogia dei bambini normali. La pedagogista ottiene la cattedra di igiene ed antropologia all’Istituto Superiore Femminile di Magistero e, nel 1904, insegna antropologia alla facoltà di medicina della regia Università di Roma.

Nel 1906 le viene affidato dal consiglio direttivo della Scuola Pedagogica di Roma, in seguito al parere favorevole del Sergi, l’insegnamento di antropologia pedagogica che la Montessori tiene dall’anno accademico 1906-1907 al 1909-1910. In questo periodo si inserisce l’attività dell’Istituto Romano dei Beni Stabili, diretto dall’ingegnere Talamo, che aveva come progetto l’acquisto di edifici urbani per ristrutturarli. Tra i primi vi furono alcuni casamenti del quartiere periferico di San Lorenzo che versava in condizioni di degrado.

Il primo problema da affrontare è la custodia dei bambini, che l’ingegnere Talamo risolve raccogliendo i bambini dai tre ai sette anni in una sala del casamento, sotto la custodia di una maestra, proponendo alla Montessori di organizzare queste scuole. La prima di queste scuole viene aperta il 6 gennaio 1907 in via dei Marsi 58, il 7 aprile viene aperta una seconda scuola sempre nel quartiere di San Lorenzo, il 18 ottobre 1908 si apre una terza scuola nel quartiere operaio dell’Umanitaria a Milano e, il 4 novembre 1908 si apre una scuola a Roma in via Famagosta ai Prati di Castello.

Nel 1908 la pedagogista partecipa, dal 24 al 30 aprile, al Congresso Nazionale delle donne italiane a Roma con un intervento dal titolo La morale sessuale nell’educazione. L’attenzione della Montessori è sempre più rivolta alla nascita delle “Case dei bambini” e, in questo periodo appaiono due scritti Il metodo per insegnare la scrittura e Come si insegna a leggere e a scrivere nelle “Case dei bambini” di Roma.

È Leopoldo Franchetti a consigliare la Montessori di riportare in un libro le esperienze compiute nelle “Case dei bambini”, nasce così il Metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei bambini, pubblicato a Città di Castello. Poco dopo la pubblicazione si svolge il primo Corso di Pedagogia Scientifica.

La pubblicazione nel 1909 di Il metodo e lo svolgimento del primo Corso montessoriano a la «Montesca» generano un vivace interesse per l’esperimento delle Case dei Bambini e l’anno successivo sono organizzati altri due corsi svolti a Roma; uno, sotto il patrocinio dalla regina Margherita, presso le Suore Francescane Missionarie di Maria in via Giusti e l’altro, promosso dal Consiglio Nazionale delle Donne Italiane, presso la scuola elementare «E. Foà Fusinato». Nel 1911 a Milano la Società Umanitaria organizza un «Corso Magistrale per Educatrici d’infanzia dirigenti e assistenti in Case dei Bambini». Nel 1914, accogliendo una proposta della dottoressa, l’Umanitaria organizzerà presso la propria sede un altro «Corso di cultura e di pratica per le educatrici d’infanzia» che intendono dirigere le Case dei Bambini.

Il maggiore successo

Il maggiore successo Il Metodo lo riscuote all’estero dove a partire dal 1912 si moltiplicano le pubblicazioni. Molti sono i visitatori stranieri che fin dal 1910 visitano le Case dei Bambini e, tornati in patria, divulgano l’esperienza montessoriana. Contemporaneamente si costituiscono anche comitati allo scopo di vigilare sulla diffusione del metodo Montessori. Nel 1912 nasce a New York il «The Montessori American Committee» e a Londra la «Montessori Society for the United Kingdom».

scuola e metodo montessori
Il successo del metodo Montessori (cultureducazione.it)

Il successo dell’esperienza delle “Case dei bambini” porta al primo Corso Internazionale dal 16 gennaio al 15 maggio del 1913 e si svolge nella residenza della Montessori in via Principessa Clotilde, vi partecipano 90 iscritte provenienti da varie nazioni. Un secondo Corso Internazionale è tenuto dalla Montessori nel 1914 e precisamente dal 23 febbraio al 30 giugno a Castel Sant’Angelo. Nel 1913 la Montessori si reca in America per una serie di conferenze. Qui l’accoglienza che la pedagogista di Chiaravalle riceve in America è calorosa. L’anno seguente, tiene il II Corso Internazionale a Castel Sant’Angelo.

Torna in America nella primavera del 1915 per mostrare il suo lavoro agli educatori e al pubblico che visita l’Esposizione Internazionale di San Francisco. Nel Palazzo dell’educazione, organizzato presso l’esposizione, viene creata una Casa dei Bambini con pareti in vetro in modo che i visitatori possano osservare gli allievi senza disturbarli; maestra del gruppo dei bambini è Helen Parkhurst che aveva già partecipato al I Corso Internazionale. Tra agosto e novembre del 1915, la Montessori tiene il III Corso Internazionale per la formazione degli insegnanti che possono osservare i bambini nella classe dimostrativa funzionante nel Palazzo dell’educazione.

Recatasi a Barcellona, la Montessori inizia, a metà febbraio del 1916, il IV Corso Internazionale al quale partecipano insegnanti provenienti da molti paesi dell’America Latina e durante il quale viene presentato il nuovo materiale per l’insegnamento dell’aritmetica, della geometria e della grammatica ai bambini aventi più di sei anni. I risultati positivi di questo esperimento, frutto di una collaborazione con Donna Maria Maraini Guerrieri, Anna Fedeli e Anna Maria Maccheroni, vengono raccolti in un libro, pubblicato nel 1916, dal titolo L’autoeducazione nelle scuole elementari.

Inoltre nella Casa dei Bambini della «Maternità» di Barcellona viene allestita una cappella e da questa esperienza la Montessori trarrà spunto per un approfondimento del rapporto tra pedagogia scientifica ed educazione religiosa che darà luogo, negli anni successivi, ad alcune pubblicazioni specifiche. Nel 1916 la Montessori si reca in America dove permane sino ai primi mesi dell’anno successivo. Durante questo soggiorno interviene presso la «Child Education Foundation», ma non compie alcun tour di conferenze. Nella primavera del 1917 la Montessori arriva a Los Angeles dove tiene un corso per la formazione degli insegnanti.

Durante il permanenza nella città californiana la pedagogista inizia una campagna sociale per la creazione della «Croce Bianca» dei bambini, parallela alla «Croce Rossa» per i soldati feriti in guerra. Il progetto vuole formare gli insegnanti in grado di lavorare con bambini che in seguito alla guerra hanno subito traumi fisici o psichici. Il piano, però, non sarà mai realizzato.

Sempre nel 1917, la Montessori è invitata in Olanda per tenere una conferenza presso la «Società Pedagogica» di Amsterdam. Nel 1918 nasce a Napoli la «Società Amici del metodo Montessori» per la creazione un centro di studi pedagogici e di organizzare le istituzioni montessoriane. Nel 1918 la Montessori è ricevuta dal papa Benedetto XV, in questa occasione riceve la benedizione che renderà nota solo sei anni più tardi, nel 1926, nell’Introduzione alla terza edizione di Il metodo. Nel 1919 è a Londra, dove, nel periodo settembre-dicembre, tiene un corso internazionale per la formazione degli insegnanti.

Il viaggio in Olanda

Al termine del gennaio del 1920 la pedagogista si reca in Olanda, in quanto è invitata dall’Università di Amsterdam a svolgere tre conferenze durante le quali affronta il tema dell’estensione del metodo alla scuola elementare e secondaria. Lasciata l’Olanda, la Montessori si reca prima a Parigi e riceve gli onori della Sorbona; successivamente torna in Italia per far ritorno poi a Barcellona. La città catalana è infatti dal 1914, non solo la località in cui la pedagogista risiede, ma anche il centro dei suoi studi, grazie agli aiuti che le erano stati offerti dalle autorità locali.

Nel 1922 la Montessori, su invito del ministro della pubblica istruzione Anile, si trova a Napoli, dove svolge alcune conferenze e nel dicembre dello stesso anno progetta una serie di corsi annuali da tenere sempre nella città partenopea sotto il patrocinio del Comune, del Ministero della Pubblica Istruzione e della «Società Amici del metodo Montessori»; il primo corso è svolto nella primavera del 1923. La Montessori, in questo anno, prosegue nella sua attività di formazione degli insegnanti che si svolge con i corsi di Londra ed Amsterdam.

Nel 1923, inoltre, riceve il Dottorato Honoris Causa all’Università di Durham e tiene una serie di conferenze a Bruxelles che sono raccolte nel libro Il bambino in famiglia. Tra il 1924-1926 la Montessori continua i suoi viaggi in Europa recandosi in Olanda, Germania, Francia e nel 1924, per dare maggior forza e coesione alle tante esperienze che si ispiravano alla sua attività, fonda il periodico dal titolo «The Call of Education, Psycho-Pedagogical Journal International Organ of the Montessori Moviment».

In Italia il governo di Gentile prima e di Mussolini poi, mostra interesse per il lavoro della Montessori fornendole il proprio supporto. Per la pedagogista era stato sempre importante poter contare sull’aiuto delle autorità politiche dei paesi in cui aveva organizzato il suo lavoro, dato che non tutto poteva essere predisposto dai singoli privati, anche se motivati. Per questo motivo la Montessori cerca un dialogo con il governo italiano accettandone gli aiuti per il forte desiderio di realizzare nel paese, dove il metodo aveva avuto origine, delle strutture stabili.

I rapporti con il governo fascista comunque non debbono esser stati facili, considerando il desiderio di autonomia che aveva sempre contraddistinto il lavoro della nostra studiosa; l’atteggiamento critico e guardingo verso eventuali contaminazioni del metodo, e l’esperienza ormai mondiale che la conduceva a studiare lo sviluppo psichico del bambino nuovo. Se la Montessori guarda al governo italiano come fonte di sostegno per l’opera di diffusione delle “Case dei bambini”, nell’atteggiamento disponibile del governo fascista vi è il tentativo di poter avvalersi della notorietà che la Montessori aveva raggiunto all’estero ricavandone prestigio per il governo italiano.

Di fatto tra i principi di ordine, disciplina, propri dell’ideologia fascista, e l’ordine e la disciplina interiori frutto della spontanea e libera attività del bambino nelle scuole Montessori, non vi era alcuna possibile convergenza. Con il passare degli anni le divergenze si faranno sempre più inconciliabili e la Montessori nel 1934 decide di lasciare l’Italia. Prima di lasciare l’Italia la Montessori lavora ad alcune importanti iniziative come il Corso Nazionale Montessori svolto a Milano nel 1926 e la pubblicazione, sempre nello stesso anno, della terza edizione di Il metodo.

Il testo è preceduto da una Introduzione, assente nelle precedenti edizioni, in cui la Montessori rende pubblica la Benedizione di Benedetto XV che riapriva, così, il dialogo con i cattolici.

Nel 1927 appare la prima rivista montessoriana dal titolo «L’Idea Montessori»,, mentre nell’agosto del 1929 è fondata dalla Montessori e da suo figlio l’Associazione Internazionale Montessori (AMI), con sede prima a Berlino e, dopo il 1935, ad Amsterdam. Scopo dell’associazione è quello di organizzare scuole e corsi Montessori, oltre che di esercitare un controllo sui diritti delle pubblicazioni e sulla fabbricazione dei materiali didattici.

Nel 1930 la Montessori è a Roma, dove da gennaio a luglio svolge il XV Corso Internazionale concluso il quale si reca a Barcellona. È di nuovo a Roma nel 1931 per il XVI Corso Internazionale, tenuto nello stesso periodo di quello dell’anno precedente. Nell’aprile del 1931 la pedagogista svolge una conferenza, dal titolo Il compito preciso del nuovo maestro, presso l’Università di Parigi in occasione del Congresso dell’Éducation Novelle, mentre da settembre a gennaio è a Londra per il XVII Corso Internazionale. Durante il soggiorno londinese incontra Gandhi che si recherà poi a Roma a visitare la Scuola di metodo. Sempre nel 1931 appare in Italia la seconda rivista montessoriana dal titolo «Montessori».

Nel 1932 la Montessori svolge alcune conferenze nelle Università di Ginevra, Losanna, Zurigo e interviene al Club Internazionale della Società delle Nazioni e alla Lega Internazionale delle donne per la Pace e la Libertà. Dal 30 luglio al 12 agosto del 1932 la pedagogista è presente, a Nizza, al II Congresso Internazionale Montessori, che si svolge contemporaneamente a quello della New Education Felloship. L’anno seguente, ad Amsterdam dal 9 luglio all’ 8 agosto del 1933, si svolge il III Congresso Internazionale Montessori che è preceduto dal XVIII Corso Internazionale tenuto a Barcellona da febbraio a giugno e seguito dal XIX Corso che si svolge a Londra. Contemporaneamente al corso londinese ne inizia un altro in Irlanda per le iscritte che non potevano recarsi nella capitale inglese. Al corso organizzato a Dublino sono presentate le medesime conferenze tenute a Londra e la Montessori si reca, terminato il corso inglese, in Irlanda, per presiedere agli esami delle allieve; in questa occasione è anche fondato il ramo irlandese dell’AMI.

Nel 1934 a Roma dal 3 al 10 aprile è organizzato il IV Congresso Internazionale Montessori dopo il quale Montessori si reca ad Amsterdam per alcune conferenze e da settembre a dicembre a Londra per il XXI Corso Internazionale. Il 1934 è l’anno in cui la Montessori lascia l’Italia e si reca a Barcellona dove rimane sino allo scoppio, nel 1936, della guerra civile.

In seguito all’aggravarsi della situazione politica spagnola, la Montessori abbandona Barcellona alla volta di Londra, dove giunge per il V Congresso Internazionale Montessori che si svolge nell’agosto del 1936 a Oxford. La pedagogista rimane in Inghilterra per poco tempo in quanto, nello stesso anno, si sposta con la sua famiglia in Olanda, ad Amsterdam. Nell’agosto del 1937 si svolge a Copenaghen il VI Congresso Internazionale Montessori sul tema «Educate per la Pace».

Al termine del congresso la pedagogista propone la fondazione del Partito Sociale del Bambino e di un Ministero per l’Infanzia, al fine di poter difendere i diritti dei bambini presso i parlamenti di tutte le nazioni. Nell’estate del 1938 la Montessori è a Edimburgo per il VII Congresso Internazionale Montessori e poi di nuovo ad Amsterdam per un corso. Nel 1939 la pedagogista svolge una conferenza a Londra presso il World Felloswip of Faiths, in cui comincia a delinearsi il Piano Cosmico.

Verso l’Asia

Nell’ottobre del 1939 la Montessori parte infatti alla volta del paese asiatico, dopo che nel 1938 aveva ricevuto un invito a recarvisi da parte di Sydney Arundale, presidente della Società Teosofica, che aveva incontrato la Montessori durante un sua permanenza in Olanda. In India il lavoro della studiosa era conosciuto sin dal 1913, quando al I Corso Internazionale Montessori era stato presente anche uno studente indiano e negli anni successivi Case dei Bambini erano state istituite nel paese asiatico, come le stesse riviste montessoriane riportano.

Inizialmente la Montessori doveva fermarsi in India solo per alcuni mesi, quelli richiesti dalla conduzione di un corso per la formazione di insegnanti, poi, in seguito anche allo scoppio della seconda guerra mondiale, vi rimane per sette anni. Risiede a Adyar, vicino Madras, presso la sede mondiale della Società Teosofica, dove a partire dal 1940, in seguito all’entrata in guerra dell’Italia, la Montessori vive in una condizione di internamento. Per sfuggire al clima monsonico le è poi concesso dal governo inglese di trascorrere i mesi estivi nelle località collinari di Ooty e Kodaikanal.

Oltre al corso per gli insegnanti tenuto presso le sedi della Società Teosofica a Madras e a Kodaikanal, la Montessori tiene alcuni corsi anche in altre località dell’India; corsi che sono frequentati sia dai figli degli indigeni sia da coloro che provengono da famiglie inglesi, tutti vivendo armoniosamente insieme. Con la fine della seconda guerra mondiale la Montessori inizia a progettare il ritorno in Europa che si realizza il 30 luglio del 1946 con il suo arrivo in Olanda.

Nell’agosto del 1946 è a Londra per svolgere un corso, il primo dopo la fine della seconda guerra mondiale, durante il quale presenta le ricerche e le sperimentazioni svolte negli anni trascorsi in India. Nel dicembre è a Edimburgo, dove viene nominata socio onorario dell’Educational Institute of Scotland. L’anno successivo, in seguito ad un invito del governo italiano, la Montessori torna nel suo paese natale dopo tredici anni e partecipa alla riorganizzazione dell’Opera Montessori e delle scuole montessoriane. Durante il suo soggiorno italiano è ricevuta con tutti gli onori dall’Assemblea Costituente.

Instancabile viaggiatrice nell’agosto del 1947 torna in India e rimane per circa due anni, durante i quali prosegue l’attività di diffusione della sua opera con conferenze e corsi di formazione a Adyar, Poona ed altre località dell’India e del Pakistan. Nel 1948 la pedagogista marchigiana tiene un corso per la formazione di insegnanti a Ahmedabab, nello stato di Gujarat. È poi presente a due corsi a Adyar e a un terzo organizzato a Poona, città vicino a Bombay.

Nell’aprile del 1949 la studiosa si reca in Pakistan per lo svolgimento del primo corso Montessori pakistano e durante il suo soggiorno è anche fondata la Montessori Pakistan Association. Tornata in India partecipa al congresso Montessori di Pilani e organizza il viaggio per recarsi nuovamente in Europa. Infatti in agosto è a San Remo per i lavori dell’VIII Congresso Internazionale Montessori, il primo dopo la fine delle seconda guerra mondiale, e che raccoglie la partecipazione di persone provenienti da molti paesi.

Sempre nel 1949, in dicembre, la nostra studiosa è a Parigi dove riceve dal rettore della Sorbona, in rappresentanza del governo francese, la croce della Legion d’onore, per il contributo dato al rinnovamento dell’educazione. Nel 1949 la pedagogista di Chiaravalle è candidata al premio Nobel per la pace; così sarà per i due anni successivi, ma nonostante la candidatura sia sostenuta da molti paesi, il premio non le viene assegnato.

Nei primi mesi dell’anno seguente svolge alcune conferenze nei paesi scandinavi e poi a Innsbruck. Inoltre in giugno partecipa, come membro della delegazione italiana, alla Va sessione internazionale dell’UNESCO, mentre in estate si reca a Perugia per il XXIX corso internazionale, organizzato presso l’università italiana per stranieri. In questa occasione è nominata direttrice del centro Internazionale Montessori di Perugia. Un altro importante riconoscimento le viene attribuito ad Amsterdam, dove il 18 settembre il ministro dell’educazione la insignisce dell’ordine di Orange Nassaue e l’università di quella città le conferisce la laurea honoris causa in lettere e filosofia. Inoltre la Montessori riceve anche il premio mondiale Pestalozzi dalla «Fondazione Svizzera Pestalozzi».

Nel 1951, al termine ormai della sua lunga e intesa esistenza, la Montessori presiede l’VIII Congresso Internazionale che si svolge a Londra sul tema «L’educazione come aiuto allo sviluppo naturale della psiche, dalla nascita all’università». Si reca poi a Roma per tenere un corso e altre città italiane Perugia, Ancona e Milano, la nominano loro cittadina onoraria.

All’età di 82 anni quando sta pensando alla possibilità dell’ennesimo viaggio che la dovrebbe condurre in Ghana, a seguito di un invito del governo di quel paese che richiede il suo aiuto per la formazione del corpo insegnante, Maria Montessori muore il 6 maggio 1952 a Noordwijk aan Zee, in Olanda.

Le Opere, il metodo

1. L’ambiente

Scrive la Montessori in La mente del bambino (1952)«Chi si proponga di aiutare lo sviluppo psichico del bambino, deve partire dal fatto che la mente assorbente del bambino si orienta sull’ambiente; e, specialmente agli inizi della vita deve prendere speciali precauzioni affinché l’ambiente offra interesse e attrattive questa mente che deve nutrirsene per la propria costruzione».

Il bambino assorbe tutto ciò che lo circonda, in questo modo si adatta all’ambiente: fa suo il linguaggio, i costumi del luogo in cui vive, è il bambino stesso che cerca le impressioni che provengono dall’ambiente e diventano parte integrante della sua psiche, «assorbe l’ambiente e si trasforma in armonia con esso […] costruisce se stesso per mezzo delle impressioni che riceve».

Tutto ciò che è assorbito dal bambino è fissato per sempre nel subcosciente dell’uomo, forma il carattere della persona, il bambino costruisce, in questo modo, la sua psiche a spese dell’ambiente. Compito dell’adulto è facilitare questo assorbimento e ciò è possibile solo preparando un ambiente confortevole fin dalla nascita.

2. Il neonato

Per la Montessori il bambino ha bisogno di cure particolari fin dalla nascita: deve essere riscaldato dall’ambiente e non da pesanti e scomodi vestiti che rappresentano un ostacolo tra il calore e il corpo.

Poca luce, pochi rumori, bisogna evitare di trasportare il neonato con le mani, ma è opportuno usare un sostegno leggero e cedevole (usato anche per i malati), in modo tale da conservare una posizione del corpo simile a quella prenatale.

Si legge in Il segreto dell’infanzia (1938) «In che modo l’adulto va incontro a lui, che viene dal nulla ?».

La Montessori partendo dalle descrizioni dei costumi di altre popolazioni riportate dagli etnologi, ha notato come le madri abbiano sempre trovato il modo di tenere sempre con sé i propri figli, anche durante il lavoro, e, altra constatazione molto importante per la Montessori, nelle foto che documentano le abitudini di questi popoli, nessun bambino piangeva: come se il pianto fosse un problema dei paesi occidentali.

Per alcuni psicologi queste crisi di pianto sono dovute all’inedia mentale: il bambino, come la stessa Montessori afferma, è «mentalmente denutrito, tenuto prigioniero in un campo d’azione limitato e pieno di ostacoli all’esercizio delle sue facoltà».

La psicoanalisi scoprì che le origini delle psicosi degli adulti era da ricercarsi nell’infanzia: le sofferenze erano di carattere psichico, lente, costanti e davano luogo ad una personalità adulta malata, tali sofferenze erano causate da una repressione dell’attività spontanea del bambino da parte degli adulti, prima i genitori, soprattutto la madre che ha maggior influenza sul bambino, poi il maestro e la società in genere.

Il bambino, soprattutto appena nato, è costretto nella culla, è immobile, ma non per questo è passivo, come si credeva in passato, anzi è un attivo ricercatore dell’ambiente, è attivo con i sensi, come più volte sottolinea la Montessori.

Preparare un ambiente adatto significa prendersi cura di tutto ciò che circonda il bambino; per adattarsi all’ambiente, quindi imparare il linguaggio e le usanze del luogo in cui si vive, dovrà “vivere” fra la gente che parla, e non isolato in stanze riservate ai bambini, affidato alle cure di una bambinaia.

Le condizioni dei bambini finivano con l’essere peggiori nelle famiglie ricche, mentre presso le famiglie povere le madri tengono sempre con sé i figli. Il bambino deve vivere in mezzo a noi perché possa sentirci parlare, «anche se non afferra coscientemente quello che è intorno a sé, egli ne riporterà un’impressione subcosciente, l’assorbirà e questo l’aiuterà nella crescita».

Non sono sufficienti le singole parole che la madre rivolge al figlio, il bambino ha bisogno di ascoltare il dialogo degli adulti, «è la parola viva nel pensiero e resa chiara dagli atti».

Così il comportamento dei genitori nei confronti dei figli che in molti popoli è naturale da noi deve essere applicato dietro ragionamento.

Dobbiamo osservare il bambino e, facendo attenzione a tutto ciò che suscita il suo interesse, dobbiamo porci al suo servizio; questo concetto è una rivoluzione rispetto al passato, se il bambino costruisce un adattamento all’ambiente, deve vivere a contatto con esso.

2. L’intelligenza

Il bambino non è una “cosa” passiva in balia dell’ambiente, non è un “vaso” vuoto da riempire e modellare secondo i desideri degli adulti. Durante il periodo “sensitivo”, che dura fino all’età di cinque anni, il bambino ha la straordinaria capacità di impadronirsi delle immagini dell’ambiente, assorbe le immagini per mezzo dei sensi.

Prima dei cinque anni c’è la creazione delle funzioni a livello inconscio, a tre anni si diventa coscienti, dopo i tre anni si sviluppano le funzioni create.

Il periodo fra i tre e i sei anni è di perfezionamento: l’assorbimento dell’ambiente permane ma viene aiutato dall’esperienza diretta; se prima assorbiva l’ambiente con i sensi, ora la “mano” ha un ruolo fondamentale, non è semplicemente vivendo che si sviluppa la psiche, ma attraverso l’attività spontanea.

L’attività della mano da istintiva diventa intenzionale, è spinta dal desiderio, il bambino comincia ad agire: «la mano […] permette all’intelligenza non solo di manifestarsi, ma di entrare in rapporti speciali con l’ambiente: l’uomo si può dire prende possesso del suo ambiente con la sua mano e lo trasforma sulla guida dell’intelligenza».

A un anno e mezzo si stabilisce il rapporto fra l’uso della mano e il camminare, il bambino si avvia verso l’indipendenza, non deve più dipendere dall’adulto per ogni suo bisogno, ma è in grado di fare da sé.

A questo punto, comincia a manifestare il suo interesse verso le cose che lo circondano, il bambino ha bisogno di toccare gli oggetti presenti nel suo ambiente familiare, vorrebbe usarli così come ha visto fare ai suoi genitori: semplici azioni come lavarsi, vestirsi, suscitano un grande entusiasmo nel bambino.

Il desiderio di imitare i genitori non è fine a se stesso, non è un’imitazione senza senso.

La Montessori fa, a questo proposito, il paragone con l’apprendimento del linguaggio (a lei molto gradito perché è in grado di chiarire il concetto di assorbimento) «quando dice una parola, la dice perché l’ha imparata sentendola dire, la trattiene presente nella memoria. Però la usa secondo il proprio bisogno del momento».

Così il bambino quando vuole agire, fa qualcosa che conosce, che ha visto fare in precedenza, che ha immagazzinato nella memoria fin quando non sentirà il bisogno di ripeterla.

Prima di compiere un’azione che ha visto fare, comincia ad agire con degli scopi suoi, che a noi sembrano incomprensibili come, ad esempio, prendere uno per volta i tovaglioli dalla tavola e metterli con cura sul pavimento per poi rimetterli sul tavolo, oppure aprire e chiudere uno sportello. Sono tutte azioni che la Montessori paragona al primo balbettio: prima solo suoni poi la sillabe infine le parole.

Queste attività che per gli adulti hanno un significato oscuro, sono in realtà degli esercizi che servono a coordinare i movimenti: «prima il bambino deve preparare se stesso e i propri strumenti, poi deve rafforzarsi, quindi osservare gli altri e infine cominciare a fare qualcosa ».

L’imitazione si osserva solo se non è ostacolato dagli adulti ma è libero di agire «l’adulto che non ha compreso ancora l’attività della mano infantile come un bisogno vitale e non vi riconosce la prima manifestazione di un istinto del lavoro, impedisce al bambino di lavorare».

Gli adulti quando agiscono lo fanno secondo la legge del minor sforzo: arrivare diretti al fine, ma per i bambini accade proprio il contrario: agiscono secondo la legge del massimo sforzo, compiono le loro azioni con movimenti che per noi sono lenti e spesso inutili.

Così accade che l’adulto interviene sostituendosi al bambino credendo di aiutarlo «diventando – invece – il più possente ostacolo allo svolgimento della sua vita […] questo aiuto inutile dato al bambino, è la prima radice di tutte le repressioni e perciò dei danni più pericolosi che l’individuo adulto può arrecare al bambino».

Il bambino ha i suoi ritmi e i suoi bisogni psichici, gli adulti se vogliono aiutalo devono adeguarsi.

Per il bambino ciò che conta non è semplicemente imitare un’azione «lo sforzo non mira all’imitazione, ma a creare in se stessi la possibilità di imitare».

Lo scopo di un’azione è lo sforzo compiuto: ripetere un esercizio molte volte finché il bambino non sarà soddisfatto.

In un primo momento c’è la preparazione all’imitazione: ripetere l’esercizio per esercitarsi a coordinare i movimenti, tutto questo avviene per uno stimolo interno, quando sarà pronto, le azioni dell’adulto saranno lo stimolo esterno a fare altrettanto, se vedrà compiere un certo lavoro, avrà il desiderio di farlo anche lui.

Il problema che si pone a questo punto è il seguente: nell’ambiente familiare il bambino non ha la possibilità di usare gli oggetti che vede, perché i genitori lo vietano.

Per questo motivo i bambini hanno bisogno di un ambiente speciale in cui siano messi a disposizione tutti gli oggetti che desiderano usare.

Lo sviluppo dell’abilità della mano va di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza «l’intelligenza del bambino raggiunge un certo livello senza l’uso della mano, con l’attività manuale egli raggiunge un livello più alto, ed il bambino che si è servito delle proprie mani ha un carattere più forte».

«Il movimento non è soltanto espressione dell’io, ma fattore indispensabile per la costruzione della coscienza, essendo l’unico mezzo tangibile che pone l’io il relazioni ben determinate con la realtà esterna. Perciò il movimento è un fattore essenziale per la costruzione della intelligenza, che si alimenta e vive di acquisizioni ottenute dall’ambiente esteriore».

3. Le “Case dei bambini”

L’ambiente familiare non è adatto per il bambino «è piuttosto un cumulo di ostacoli tra i quali egli sviluppa difese, adattamenti deformati, dove resta vittima di suggestioni», così il vero bambino resta nascosto, occorre liberare le manifestazioni infantili, questo si può fare solo se si interviene sull’ambiente: ridurre al minimo gli ostacoli e offrire motivi di attività spontanea.

Il merito delle Case dei bambini fu quello di porre il bambino in un ambiente fatto su misura: mobilio proporzionato alla statura dei bambini, avendo cura anche dell’aspetto estetico delle aule per diffondere nell’ambiente anche il gusto per le cose belle.

Durante le prime esperienze, furono i bambini stessi a indicare il materiale adatto ai loro bisogni, mostrando di preferire alcuni oggetti rispetto ad altri, la Montessori si stupì nel vedere i bambini trascurare i giocattoli se hanno a disposizione altro materiale che stimola maggiormente il loro interesse.

Lasciati liberi di fare, in questo nuovo ambiente, mostravano un comportamento diverso rispetto ai loro coetanei, furono proprio i bambini a dettare il nuovo metodo di educazione che andò via via perfezionandosi nel corso delle osservazioni.

Dalle varie esperienze, la Montessori giunse alla conclusione che la chiave per comprendere il nuovo bambino che aveva davanti ai suoi occhi era l’ambiente che circonda il bambino fin dalla nascita.

Si scoprì che il bambino è in grado di acquistare la cultura, anche prima di quanto si possa immaginare, soltanto con la propria attività spontanea, quando mostra ancora una sensibilità verso l’ambiente; durante questo periodo, che termina verso i cinque anni, è possibile apprendere la cultura con entusiasmo.

Molte osservazioni fatte nelle “Case dei bambini” contrastavano con l’idea che si aveva del bambino.

Il bambino non è attratto solo dall’oggetto in sé, ma soprattutto dal modo esatto di maneggiarlo, è infatti l’esattezza che lo trattiene nel lavoro; quando il bambino lavora con interesse, ripete molte volte l’esercizio anche quando lo sa fare correttamente, questa «è la prova che il proposito esterno è soltanto uno stimolo. Perché il vero scopo viene da spinte interne; il proposito diventa formativo, cioè con la ripetizione dell’esercizio il bambino stabilisce la coordinazione dei movimenti» [57], acquista così delle abilità necessarie per un ulteriore sviluppo.

Imitare diventa una ispirazione per un lavoro costruttivo.

Il periodo più importante per la formazione del carattere è da zero a sei anni.

A questa età il bambino non può essere influenzato dall’esterno, non è cosciente del bene e del male, è la natura stessa che lo guida.

Da sei a dodici anni, il bambino è cosciente, sa cosa è il bene e il male ed è in grado di ascoltare gli adulti.

Il carattere del bambino è diverso a seconda del periodo di sviluppo, ma ognuno ha la sua importanza perché pone le fondamenta al successivo: «perché si possa sviluppare normalmente nel secondo periodo, bisogna essersi bene sviluppati nel primo».

Se durante i primi tre anni di vita il bambino ha subito dei traumi o incontrato ostacoli alla sua attività spontanea, possono presentarsi delle deviazioni del carattere, che potranno essere corrette nel periodo dai tre ai sei anni.

Occorre però un ambiente adatto perché, se questi difetti non sono individuati e corretti in tempo, possono peggiorare e avere delle influenze negative sullo sviluppo dell’intelligenza.

Come spesso è accaduto nelle Case dei bambini il bambino che vi entra per la prima volta presenta delle caratteristiche che non erano sue, ma il risultato di circostanze sfavorevoli, era privo di carattere e aveva difficoltà di apprendimento.

Per questo motivo nelle Case dei bambini si cerca di conoscere la situazione familiare del bambino per sapere come intervenire.

La Montessori distingue le deviazioni più comuni in difetti dei “bambini forti” e difetti dei “bambini deboli”.

La prima categoria comprende capricci violenti, sono disubbidienti, egoisti, invidiosi, fanno chiasso, sono cattivi con i compagni e con gli animali.

Nella seconda categoria, invece, le deviazioni sono caratterizzate dall’indolenza e inezia, usano spesso il pianto come arma per ottenere ciò che vogliono, sono paurosi e si difendono con le bugie.

Questi difetti del carattere, sono causati da un trattamento sbagliato del bambino durante il primo periodo, «quando i bambini sono stati in questo periodo trascurati, la loro mente è vuota perché non si è dato loro la possibilità di costruirla».

Il successo delle “Case dei bambini” sta nel fatto che, grazie al suo metodo, questi difetti spariscono quando i bambini sono messi nelle condizioni di fare le loro esperienze: il disordinato diventa ordinato, il bambino passivo diventa attivo, la causa di questi mali era la mancanza di “cibo mentale” «né minacce né lusinghe saranno necessarie, ma solo condizioni normali di vita» [60].

Questo cambiamento avviene perché i bambini si interessano di un lavoro che li attrae, che dà loro serenità e gioia, la mente dirige la mano nel lavoro, tutte le energie si concentrano sul lavoro da eseguire. In questo modo le deviazioni spariscono e appare un bambino nuovo: questo fenomeno è chiamato “normalizzazione”.

Il segreto sta nel preparare un ambiente che stimoli l’attività, bambino, un ambiente in cui il bambino è lasciato libero di scegliere il lavoro che meglio risponde ai suoi bisogni del momento, senza sentire il costante controllo degli adulti.

Il bambino deve essere libero di agire, ma ciò non significa fargli fare tutto quello che vuole, in questo modo le deviazioni persistono: «la normalizzazione avviene dalla concentrazione in un lavoro».

E’ necessario insegnare il modo corretto di usare il materiale: «che gli oggetti vengano usati secondo lo scopo a cui furono costruiti, ciò che porta ad un ordine; e ancora, che siano usati esattamente, ciò che porta alla coordinazione dei movimenti» [62]. Ordine materiale e coordinazione portano alla concentrazione.

Una volta guariti, con la libertà di agire si consolida e si sviluppa la personalità.

Un lavoro interessante, che abbia la capacità di concentrare, aumenta la padronanza di se stessi. Per questo motivo è importante organizzare un ambiente di interessi progressivi per soddisfare i bisogni dei bambini, affinché possano agire indisturbati: «il bambino che compie le sue esperienze in un ambiente preparato si perfeziona, ma gli è indispensabile un materiale di lavoro speciale. Una volta raggiunta la concentrazione, egli potrà mantenerla attraverso ogni specie di attività, più sarà attivo il bambino e meno lo sarà l’insegnante finché questi verrà a porsi quasi in disparte l’insegnante, finché questi verrà a porsi quasi in disparte».

Il rapporto insegnante-bambino è diverso in queste scuole: la maestra non deve lodare, punire o correggere gli errori.

Il bambino non deve agire spinto da questi stimoli esterni: solo l’esercizio può migliorare e correggere gli errori; anche per quanto riguarda la disciplina, i bambini turbolenti si calmano lavorando in società con i compagni, «correzione e perfezionamento vengono soltanto quando il bimbo può esercitarsi a volontà per lungo tempo».

Nelle “Case dei Bambini”, grazie al materiale speciale, ogni bambino sa quando sbaglia e può correggersi, questo perché il materiale ha la particolarità di offrire un controllo dell’errore molto visibile, come ad es. gli esercizi con gli incastri solidi, per cui un bambino anche piccolo si rende conto da sé se l’esercizio non è stato eseguito correttamente e può così ripeterlo finché non si perfeziona.

Anche negli esercizi di aritmetica il bambino ha la possibilità di fare la verifica delle operazioni per controllare da sé il lavoro svolto.Nelle scuole normali il bambino sbaglia con indifferenza perché sa che è compito della maestra correggere gli errori.

È molto importante per lo sviluppo del carattere rendersi conto che è possibile sbagliare, ma che si è in grado di controllare l’errore senza aiuto: se c’è una cosa che rende il carattere indeciso è il dover ricorre sempre all’aiuto degli altri ogni volta che si è in difficoltà, si perde la fiducia in se stessi.

Bisogna aiutare i bambini ad essere indipendenti, a non ricorrere sempre all’aiuto dei grandi, ad essere autosufficienti nella vita. Nell’opera La scoperta del bambino (1950) si legge «L’uomo che agisce da sé, che impiega la sua forza nelle proprie azioni, conquista se stesso, aumenta le sue facoltà, e si perfeziona».

4. L’insegnante montessoriana

Lo scopo della maestra non è più quello di trasmettere cognizioni, né che il bambino sappia usare il materiale, altrimenti non sarebbe un materiale speciale se richiedesse sempre la presenza della maestra che aiuta e corregge.

Il materiale non è un mezzo a disposizione dell’insegnante per svolgere il suo compito. Gli oggetti diventano ora la cosa principale, ed essendo il bambino a usarli, diventa l’entità attiva della scuola e non la maestra.

All’insegnante spetta un compito ben più importante che nel passato, le funzioni sono ora sorvegliare i bambini e impartire lezioni individuali, sono due mezzi con cui l’insegnante può aiutare lo sviluppo del bambino, deve aiutare lo spirito dell’uomo a liberarsi.

La maggior soddisfazione dell’insegnante è vedere che i bambini lavorano da soli, consapevoli di aver aiutato l’umanità in questo periodo così importante della sua formazione.

La maestra è il punto di collegamento tra il materiale e il bambino, deve mostrare come viene usato un oggetto «i bambini si rinforzano, diventano individualità di robusto carattere, di profonda disciplina e acquistano una salute interiore che è appunto il brillante risultato della liberazione dell’anima».

L’insegnante deve sapere cosa spetta a lei e cosa spetta al materiale, è una preparazione difficile, non basta solo la teoria, ma occorre molta esperienza.

Deve conoscere molto bene il materiale perché sarà lei a scegliere in un primo momento il materiale didattico adatto e porgerlo al bambino in modo chiaro e nei minimi particolari, così da suscitare un interesse profondo nel bambino: dovrà disporre sul tavolo solo il materiale che desidera presentare, eseguendo lei stessa alcune volte l’esercizio, dovrà farlo in modo vivace per richiamare l’attenzione.

Avrà davanti a sé personalità diverse, e dovrà essere in grado di saper scegliere il materiale adatto per ciascun bambino. La maestra è una guida, deve impedire perdite di energia, raddrizzare eventuali squilibri «Con i nostri metodi la maestra insegna poco, osserva molto, e, soprattutto, ha la funzione di dirigere le attività psichiche dei bambini e il loro sviluppo fisiologico. Perciò ho cambiato il nome di maestra con quello di direttrice».

La guida è compito della maestra, l’esercizio è opera del bambino.

All’insegnante spetta indicare la via della perfezione, fornire i materiali adatti, rimuovendo gli ostacoli, evitando di essere un ostacolo, infatti deve sapere quando intervenire e quando ritirarsi.

I bambini, a tre anni, quando entrano in queste scuole presentano spesso un comportamento che è il risultato di repressioni.

L’insegnante deve essere in grado di distinguere un comportamento normale da un comportamento deviato perché questo è il punto di partenza della sua opera.

Se vi sono dei bambini che molestano gli altri, la maestra deve intervenire perché in questo caso non si tratta di interrompere un’azione che porta allo sviluppo del carattere, ma, al contrario disturba tale processo.

Si potrà interrompere con una esclamazione o prestando maggior interesse verso questi bambini turbolenti impiegandoli in qualche attività che risvegli il loro interesse: bisogna evitare che la mente vaghi senza guidare la mano in un lavoro costruttivo, l’insegnante dovrà richiamare l’attenzione su azioni concrete, attraenti come apparecchiare la tavola o altro.

La maestra deve avere molta cura per l’ambiente, perché è da qui che si avrà la guarigione, dovrà renderlo attraente, pulito, il materiale in ordine e pronto per l’uso, anche l’aspetto della maestra è importante: pulizia, ordine, serenità, armonia nei movimenti, come dice la Montessori, “deve sedurre il bambino”.

I primi esercizi da compiere sono quelli di vita pratica, perché più familiari al bambino, non è ancora il momento di usare il materiale «l’insegnante ha davanti a sé un bimbo che, per così dire, non esiste ancora.

Questa è la differenza principale. Le insegnanti che vengono nelle nostre scuole devono avere una specie di fede che il bambino si rivela attraverso il lavoro».

Solo quando i bambini avranno mostrato la capacità di concentrarsi su qualcosa, si potrà presentare il materiale.

Nei primi tempi la concentrazione non sarà molto forte l’insegnante dovrà fare molta attenzione a non disturbare, soprattutto non deve aiutare chi si trova in difficoltà. Anche solo uno sguardo può distogliere dalla concentrazione: «appena la concentrazione ha inizio, fare come se il bambino non esistesse». Tenere tutto sotto controllo senza farsi notare. L’insegnante potrà intervenire solo su richiesta da parte del bambino.

Le prime lezioni saranno individuali, la maestra dovrà essere in grado di capire se il bambino è pronto a ricevere la prima lezione individuale, così fa un primo tentativo con l’oggetto che ritiene adatto, svolgendo lei stessa l’esercizio e osserva la reazione del bambino, se risponde ai suoi bisogni.

La lezione sarà breve ma sufficiente a chiarire l’uso dell’oggetto: i bambini non sono ancora in grado di seguire discorsi troppo lunghi.

Non si dovrà mai sforzare un bambino che non trova interesse per un oggetto, né ripetere la lezione se il bambino non ha capito, perché ciò arresterebbe il suo impulso ad agire «stimolare la vita lasciandola però libera di svilupparsi, ecco il primo dovere dell’educazione».

Altro compito è evitare che il bambino concentrato nel suo lavoro sia disturbato «un angelo custode delle anime concentrate nello sforzo che dovrà elevarle, è tra i più solenni compiti della maestra».

Se il bambino utilizza il materiale in modo diverso da quello previsto, lo si lascerà fare se tale attività rivela l’uso dell’intelligenza. L’uso scorretto del materiale, non recando nessun beneficio allo sviluppo dell’intelligenza infantile, deve essere impedito dalla maestra, con dolcezza se si tratta di un bambino tranquillo, ma con fermezza se è un bambino turbolento, perché in questo caso l’autorità della maestra è un sostegno per il bambino disorientato.

La libera scelta del materiale si avrà solo quando il bambino ha compreso l’uso del materiale perché solo il bambino che conosce ciò di cui ha bisogno per svilupparsi è in grado di scegliere liberamente il materiale.

Quando un bambino si concentra su un esercizio, l’insegnante deve solo preoccuparsi che non ci siano ostacoli nel cammino verso la perfezione. La sicurezza si sé si sviluppa da sorgenti interne, la maestra non può fare nulla perché «il bambino deve acquistare l’indipendenza fisica con l’essere sufficiente a se stesso, indipendenza di volontà con scelta propria e libera, indipendenza di pensiero col lavoro svolto da solo senza interruzione […] l’insegnante deve conoscere e vivere il segreto dell’infanzia».

5. Il materiale sensoriale

Il materiale sensoriale montessoriano è costituito da una sezione del materiale ideato da Itard e Séguin per l’educazione dei bambini ritardati e da quello usato nelle stesse “Case dei bambini” durante il primo periodo sperimentale. L’educazione dei sensi e il loro raffinamento è la base dello sviluppo dell’intelligenza. Gli oggetti che costituiscono il materiale sensoriale sono divisi in gruppi, ogni gruppo presenta una sola qualità (colore, peso, ecc.), ma in gradi diversi e facenti riferimento ad un solo senso (vista, tatto ecc.): per esempio per evidenziare solo il colore gli oggetti saranno identici, ma presenteranno gradazioni diverse del colore preso in esame; questo perché per sviluppare un senso è necessario isolare gli altri.

Altra caratteristica del materiale è il controllo dell’errore.

L’ambiente stesso è ideato in modo da rendere facile il controllo dell’errore, i mobili bianchi evidenziano le macchie che bisogna subito togliere, le piccole sedie evidenziano i movimenti maldestri che le fanno cadere.

Altro carattere degli oggetti è la bellezza nei colori e nelle forme che devono stimolare il bambino ad agire.

Gli oggetti sono presenti in un solo esemplare per ogni serie perché il bambino ha bisogno di mettere ordine alla moltitudine di sensazioni che riceve dall’esterno.

Il bambino ha bisogno di cose limitate nel numero e dirette allo scopo, che forniscano chiarezza alla sua mente esploratrice. La moltitudine di oggetti aggrava la confusione nella sua mente.

Lo sviluppo dei sensi precede quello delle attività superiori intellettuali. In questo periodo è possibile aiutare lo sviluppo dei sensi e indirettamente si tocca anche l’altro scopo dell’educazione che è l’adattamento all’ambiente «L’educazione dei sensi, formando uomini osservatori […] prepara direttamente alla vita pratica».

Nell’educazione tradizionale prima si insegna, poi si esegue, ma spesso accade che lo scolaro pur avendo capito l’idea non è capace di metterla in pratica perché viene trascurato il perfezionamento delle sensazioni.

Per educare i sensi occorre cominciare dai contrasti forti e passare gradualmente a contrasti sempre più deboli. Gli esercizi sensoriali della mano, sviluppando la sensibilità delle dita, prepara indirettamente alla scrittura.

Per la Montessori è un errore iniziare a scrivere facendo pagine di aste perché questo è un esercizio molto difficile, richiede un grande sforzo da parte del bambino per non trasformarla in “C”, mentre il bambino tende a tracciare delle linee curve, inoltre non si vede lo scopo di tracciare tutte quelle aste. Prendendo spunto dalle sue esperienze, la Montessori, capì che prima di compiere un lavoro era necessario essere preparati a farlo.

Questa preparazione si ottiene grazie all’educazione dei sensi, mediante la quale si danno ai bambini i mezzi per un ulteriore sviluppo intellettuale.

Vanno segnalati, a questo punto, gli scritti Psicogeometria (1938) [74], e Psicoaritmetica (1938).

Sull’educazione religiosa nelle “Case dei bambini” si ricordano, I bambini viventi nella Chiesa (1922), La Vita in Cristo (1931) e La Santa Messa spiegata ai bambini (1932).

6. La disciplina

Uno degli scopi principali dell’educazione tradizionale è quello di piegare la volontà del bambino e di sostituirvi quella dell’adulto che pretende incondizionata ubbidienza.

Secondo la tradizione le azioni dei bambini sono per natura disordinate e violente, così c’è la necessità di domare questa volontà. La tradizione vuole il bambino ricettivo-passivo, deve limitarsi ad ascoltare il maestro e obbedire: in questo modo, però, la volontà non si sviluppa; il bambino si riduce a un vaso vuoto che il maestro deve riempire.

L’immobilità fisica è garantita dai banchi di scuola, se il bambino non riesce a stare fermo al suo posto è considerato un ribelle. In questo modo immobilità fisica e mentale sono garantite.

Per la Montessori, volontà e obbedienza sono strettamente collegate. La volontà è la base dell’obbedienza, diventa una seconda tappa del processo di sviluppo.

In questo modo si dà all’obbedienza un nuovo significato, è un’evoluzione, il punto di arrivo di un lungo processo di perfezionamento.

Nelle “Case dei bambini” ci sono degli esercizi che indirettamente preparano all’obbedienza, anche la volontà si sviluppa con la ripetizione costante di esercizi inibitori.

Ma esercitare la volontà non basta, bisogna conoscere l’atto che si deve eseguire.

Prima dei tre anni è ancora la natura a guidare il bambino, ma dopo i tre anni deve aver sviluppato certe qualità per poter obbedire. Se non è padrone di sé, se non è in grado di obbedire alla propria volontà, non potrà obbedire a un’altra persona.

Potrà farlo qualche volta, ma non sempre.

Nelle “Case dei bambini” i bambini non fanno quello che vogliono, ma vogliono quello che fanno. Scelgono liberamente il lavoro e con la ripetizione dell’esercizio sviluppano la coscienza delle loro azioni.

Quando le attività sono consolidate, il bambino è in grado di obbedire alla volontà di un’altra persona e lo fa con gioia.

Disciplina attiva. Un bambino immobile e muto non è disciplinato, ma solo un essere annientato.

È un errore associare l’idea di disciplina al silenzio e all’immobilità. In queste scuole tutti si muovono per compiere i loro esercizi, dal più piccolo di età al più grande e senza disturbarsi.

Ottenere un individuo disciplinato non è facile, non basta un comando, ma bisogna essere preparati.

La disciplina inizia quando il bambino si interessa per la prima volta a un lavoro, sarà poi nella ripetizione dell’esercizio che il bambino inizia il cammino verso la disciplina.

Indisciplinato è quel bambino che si muove continuamente, con disordine. I bambini indisciplinati hanno la mente denutrita, l’attività motrice deve avere uno scopo ed essere legata all’attività psichica.

Con gli esercizi sensoriali i bambini mettono ordine nella loro mente.

Appare un bambino nuovo, padrone di sé, i suoi movimenti non sono più disordinati, ma coordinati e diretti dalla mente per raggiungere uno scopo.

L’immobilità dei muscoli è solo uno spreco di energia, il vero riposo sta nell’attività guidata dall’intelligenza, nella ripetizione dell’esercizio che sviluppa le sue attività psichiche: è così che si manifesta il bambino disciplinato.

La vera disciplina è quella interna, quella che si sta svolgendo in loro.

Aspetti sociali e umani del pensiero montessoriano.

Impegno umano e sociale in Maria Montessori: l’educazione al pace.

Il messaggio della Montessori «divenne popolare nel secondo decennio del secolo grazie alla sua accentuata connotazione scientifica messa al servizio di un diffuso movimento di redenzione sociale, per cui fu particolarmente accolto nel mondo femminile e in quello socialista e progressista».

Grande è il desiderio della Montessori di cooperare alla soluzione dei problemi del suo tempo e la consapevolezza di essere chiamata ad una missione che rispondeva alla sua vocazione, già avvertita fin dall’infanzia, di soccorrere chi è in difficoltà.

Questi sono i motivi che la spinsero a dedicarsi, senza soste ed incertezze, alla causa del bambino artefice di una umanità migliore.

La pedagogista dedica la sua vita ad approfondire le ricerche e diffondere le sue idee ed i suoi principi in tutto il mondo, conquistando per oltre mezzo secolo un posto di primo piano nel mondo culturale internazionale ed esercitando la sua influenza sul rinnovamento delle istituzioni educative e sociali.

Il messaggio di cui la Montessori si fa portavoce in tutto il mondo e che andava ben oltre le barriere di lingua, razza e religione, è il rispetto quasi religioso del bambino considerato padre dell’uomo, il rispetto per le leggi che ne regolano lo sviluppo armonico e le sue capacità creatrici che rappresentano le basi necessarie per la redenzione dell’umanità e per la realizzazione della pace universale.

È un messaggio che riguarda la scoperta di un mondo inesplorato: l’anima del bambino che rimane nascosta agli occhi dell’adulto, indurito ed egoista, che lo reprime con ogni mezzo anziché aiutarlo.

Nel farsi portavoce dei diritti del bambino le è di grande aiuto la tempra eccezionale di cui è dotata e che la caratterizza fin dalle prime scelte e che le permette di superare i momenti critici.

Spinta da una forte aspirazione al servizio sociale, la Montessori si mette al servizio degli umili dei bisognosi, dell’umanità.

La sua diventa una vera e propria missione redentrice. La pedagogista partecipa alla campagna in favore dei diritti sociali e politici della donna rappresentando le donne italiane nei due congressi internazionali svoltisi alla fine dell’Ottocento a Berlino e Londra.

Con la stessa passione si dedica alla soluzione della delinquenza giovanile, all’assistenza e all’educazione dei bambini minorati partecipando al Primo Congresso di Torino del 1898.

La pedagogista mette l’accento sulla responsabilità della società e sul ruolo centrale dell’insegnante che «dalla condizione di cittadino depresso, impaurito e dimesso (e quanto invece la Montessori desiderasse che fosse fiero, attraente, elegante), è improvvisamente innalzato alla figura dello scienziato nella duplice veste di sperimentatore e trasformatore sociale».

L’educatore deve porsi al servizio sella società, come un missionario nell’opera di redenzione sociale degli uomini oppressi.

Va ricordata anche la collaborazione con la società «Umanitaria» di Milano sorta con il fine di aiutare, attraverso attività assistenziali, ma anche con l’istituzione di scuole professionali, le classi meno abbienti.

La stessa “Casa dei bambini” in via dei Marzi a Roma, era nata con gli stessi intenti assistenziali.

La Montessori partecipa alle opere di assistenza a favore dei bambini rimasti orfani nel terremoto del 1908 che devastò la Calabria ela Sicilia per i quali chiedeva l’istituzione di scuole speciali.

Nel 1921, profondamente angosciata dalle condizioni dei bambini che soffrivano le conseguenze traumatizzanti della guerra del 15-18, la Montessori, da S. Diego di California, scrive al presidente dell’ “Umanitaria” Augusto Osimo, perché si interessi alla creazione della Croce Bianca dei bambini, parallela alla Croce Rossa per i soldati feriti in guerra.

La proposta nasceva dalla necessità di occuparsi della salute psichica dei bambini che avevano subito gravi alterazioni psichiche. Questa iniziativa si svilupperà più tardi, nel 1937, in occasione della cerimonia di chiusura del VI Congresso Internazionale di Copenaghen, la Montessori proporrà la fondazione di un Ministero per l’infanzia e di un Partito Sociale del bambino al fine di tutelare legalmente, con una rappresentanza ufficiale nei Parlamenti dei vari paesi, gli interessi del bambino «progetti utopistici, forse, ma che non si può fare a meno di valutare nel loro essenziale valore di testimonianza di un interesse mai spento e di una volontà tutta tesa verso la soluzione radicare su basi concretamente operanti del problema educativo, nel quadro degli interessi ideali dell’umanità tutta».

La Montessori torna su questa proposta nel messaggio inviato all’UNESCO il 31 maggio 1951 in occasione della «Dichiarazione dei diritti dell’uomo» nel quale si legge «La funzione che il bambino ha nell’insieme dell’umanità, la funzione che lo ha fatto chiamare “padre dell’uomo” e “forza dirigente nella formazione dell’uomo”, sembra cosa ancora ignorata. Non si considera che ci sono due forze nella vita umana: quella riguardante il periodo della formazione stessa dell’uomo (il bambino) e quella riguardante le attività sociali costruttive (l’adulto) e che esse sono così fortemente integrate l’una dall’altra, che trascurando l’una non si può giungere all’altra; non si considera che per arrivare ai diritti dell’adulto bisogna passare attraverso il bambino».

«Il suo più valido e rivoluzionario contributo non solo alla storia della pedagogia, ma alla storia della società, è costituito da quel senso collettivo di responsabilità educativa che ognuno di noi sente risvegliarsi in sé di fronte al suo grido di allarme. Soffocando il libero sviluppo dell’anima infantile, l’umanità uccide se stessa e compromette in maniera definitiva il suo avvenire.

Il problema dell’infanzia esula dal ristretto campo della scienza pedagogica e diventa un problema sociale, problema dell’umanità di domani».

Ancora si legge che «uno dei maggiori errori che si possano commettere nella valutazione del contributo dato dalla Montessori alla riforma dell’educazione consiste appunto nell’isolare da tutta l’opera sua, vista nel suo complesso, quello che viene definito il «Metodo Montessori» e cioè quella parte della sua riforma educativa che si riferisce propriamente alla scuola materna e alla scuola elementare, ignorandone gli sviluppi successivi».

Questi sviluppi si riferiscono non solo alla riforma della scuola fino all’università, ma soprattutto ad una visione universale dell’educazione.

Le ragioni della sua fama internazionale vanno ricercate proprio in questo ampliamento dei confini dell’opera educativa, che si farà sempre più nitido durante il suo apostolato educativo che la porterà a confrontarsi con altre culture, arricchendo la sua visione in una prospettiva mondiale facendosi “cittadina del mondo”.

Alla luce di questo nuovo orizzonte, il problema dell’educazione riguarda la formazione spirituale e l’elevazione intellettuale dell’umanità che garantiscono l’emancipazione degli uomini.

Il mezzo per raggiungere questo scopo è la lotta contro l’analfabetismo degli adulti. Secondo la Montessori l’alfabetizzazione dell’umanità è il fondamento per garantire la convivenza pacifica degli uomini. Questa convinzione è la naturale evoluzione del pensiero montessoriano, è il risultato della sua scoperta del bambino e della sua riforma.

Si può ricostruire psichicamente l’uomo attraverso il bambino, individuando e combattendo le cause del conflitto fra l’adulto e il bambino, che essendo più debole è destinato a soccombere.

Per la Montessori una educazione che rispetti e favorisca l’autonomia del bambino, che sviluppi il carattere e la volontà, è il mezzo che può scongiurare la guerra e stabilire la pace mondiale.

Questo è il vero compito dell’educazione: educare l’infanzia significa educare alla pace «La voce della Montessori riportava fiducia nell’uomo e nella natura e rendeva giustizia a una gioventù incolpevole. E ridava slancio ad una fede pedagogica tanto indispensabile in una fase storica così tumultuosa».

La questione sociale dell’anormale

Non va dimenticato che uno dei primi problemi sociali a cui la Montessori si dedica attivamente è la questione dell’educazione e dell’assistenza dei bambini affetti da problemi psichici, problema particolarmente sentito dai sociologi e scienziati del primo Novecento.

Partecipando al Congresso Nazionale di Medicina svoltosi a Torino 1897 la Montessori mette l’accento sulle gravi responsabilità della società nel prevenire la delinquenza minorile, dal momento che mancano cure ed assistenza adeguate per i bambini psichicamente anormali e spesso potenziali delinquenti.

Ancora, nel 1898 al I Congresso Pedagogico italiano la Montessori presenta la sua relazione nella quale espone i risultati delle sue ricerche nel campo della rieducazione degli anormali, sottolineando che i problemi legati a tale azione di recupero sono di natura prevalentemente pedagogica. Sostiene, inoltre, la necessità di individuare nel bambino, fin dalla tenera età, i primi segni di deviazione per ricorrere immediatamente all’azione emendatrice della educazione.

In questa occasione la Montessori chiede e ottiene che vangano creati istituti medici pedagogici. Inoltre, il Ministro della Pubblica Istruzione Baccelli le affida l’incarico di tenere un corso sull’educazione dei bambini frenastenici alle maestre di Roma, corso che, più tardi, si trasforma nella Scuola Magistrale Ortofrenica con annessa una classe speciale destinata ai bambini anormali.

Occorre aiutare lo sviluppo psichico di questi bambini svantaggiati e questo compito spetta al medico e all’educatore. La Montessori ricorda dei bambini anormali che, opportunamente aiutati, furono in grado di sostenere gli esami, senza sfigurare, accanto ai bambini normali.

È chiaro che «Nessuno prima della Montessori aveva definito ex novo due concetti fondamentali: a) lo sviluppo del bambino deficiente e asociale è un diritto che gli appartiene intrinsecamente e che va assicurato, al di là delle stesse ragioni scientifiche, come trattamento pedagogico e scolastico; b) la sua educazione, pur in situazioni separate deve avvenire obbligatoriamente qualunque sia il tipo e grado di anormalità […]. Per questo fondamentale aspetto il «brevetto di invenzione» le appartiene storicamente, anche con un carattere rivoluzionario, tenuto conto del tipo di immaginazione sociale che si proiettava sull’anormale, temuto e allontanato come rappresentante materiale del male metafisico dell’uomo».

Ancora, «la pedagogia montessoriana sorgeva dalle condizioni più «infime» della creatura umana, quelle dell’handicap e della sensazione, ponendosi quindi come una radicale sfida scientifica e sociale al sistema stesso dei valori e della spiritualità borghesi».

Nella società non c’è posto per l’anormale, è confinato nella strada, nelle prigioni o nei manicomi. Non è contemplato nelle richieste della riforma scolastica.

L’interesse per l’anormale era puramente medico «la questione educativa dell’anormale era, insomma, posta e discussa soltanto dalla società scientifica medica».

Con la Montessori l’educazione diventa un diritto dell’anormale, ma non nella scuola tradizionale dove regnano i premi, i castighi e la repressione della libertà. Il diritto all’educazione per tutti si potrà avere solo quando la scuola avrà compiuto la sua trasformazione.

L’argomento viene ripreso nel 1939 quando la Montessori progetta la scuola secondaria di Laren finalmente aperta a tutti, anche a chi soffre di problemi psichici.

Si può concludere questo studio con una citazione di Scocchera che riassume il messaggio montessoriano: «con la stessa trepidazione dell’archeologo in attesa del definitivo affiorare del reperto appena intravisto, e già ansioso di capirlo e descriverlo, così Maria Montessori ha assistito «in prima visione» l’emergere del bambino riportato alla luce dal fondo della millenaria adulterazione adulta. Togliendo le spesse concrezioni storiche prodotte dall’educazione e dai suoi metodi, finalmente “ciò che si vede è il bambino”. si vede, anzi, la sua anima, “che liberata dagli ostacoli, agisce secondo la propria natura”; da questo momento “le qualità infantili intraviste, appartengono semplicemente alla vita” e, perciò, non sono affatto il risultato “di un metodo di educazione”».

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